Author Archive: Nicolò D'Alessandro

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PAT – NOTIFICA RICORSO A MEZZO PEC – GIUDIZIO INTRODOTTO ANTECEDENTEMENTE AL 1 GENNAIO 2017 E SUCCESSIVAMENTE AL 1 GENNAIO 2012– AMMISSIBILITÀ – Cons. di Stato. Ad. Plen. – Sent. 19/9/2017 n. 6 Pres. Pajno – Est. Forlenza

9 Ottobre 2017 | By More

PAT – REGIME PREVIGENTE – ADEMPIMENTI DEL COMMISSARIO AD ACTA – DIFFICOLTA’ PER ADEMPIMENTI TECNICAMENTE NON ATTUABILI – CONCESSIONE DI PROROGA DEL TERMINE PER GIUSTI MOTIVI – TAR LAZIO II Bis – Ord. 03/07/2017 N. 2930 Pres. Stanizzi Rel. Mangia

TAR Roma II bis Ordinanza n.07999 2017
5 Settembre 2017 | By More

PAT – REGIME PREVIGENTE – PREVALENZA DELLA DOCUMENTAZIONE CARTACEA SULLE RISULTANZE DEL FASCICOLO INFORMATICO – TAR NAPOLI IV – DECRETO 19/06/2017 N. 2930 Pres. Rel. Pappalardo

TAR Napoli IV Decreto n.2930 2017
5 Settembre 2017 | By More

PAT – MANCATO DEPOSITO COPIA DI CORTESIA- SANABILITA’ = PAT – DEPOSITO COPIA CARTECEA PRIVA DELL’ATTESTAZIONE DI CONFORMITA’- SANABILITA’ = PAT – DEPOSITO DELLA COPIA CARTACEA D’OBBLIGO – E’ CONDIZIONE PER LA FISSAZIONE DELL’UDIENZA CAMERALE E DI MERITO – Cons. Stato, VI, – Ord. 03/03/2017 N. 00880 – Pres. Estens. Ermanno de Francisco

2. Consiglio di Stato VI Ordinanza n.00880 2017
27 Luglio 2017 | By More

PAT – ATTO PER IMMAGINI DI ORIGINALE CARTACEO – NULLITÀ = PAT – PROCURA ALLE LITI- DIFETTO DI ATTESTAZIONE DI CONFORMITÀ – NULLITÀ – TAR Catanzaro – Ordinanza 26/01/2017 N. 33 – Pres. Iannini, Rel Tallaro

27 Luglio 2017 | By More

PAT – NOTIFICA ATTO INTRODUTTIVO – NOTIFICA ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ALL’ INDIRIZZO RICAVATO DA IPA – INAMMISSIBILITÀ ANCORCHÉ L’AMMINISTRAZIONE ABBIA OMESSO DI ATTIVARE UN INDIRIZZO PEC UTILIZZABILE AI FINI DELLA NOTIFICA – TAR Palermo, Sent. 13 luglio 2017 n. 1842 Presidente Cogliani, Relatore Criscenti

24 Luglio 2017 | By More

L’INTERDITTIVA E’ SOLO REQUISITO PER LA STIPULA E NON DI PARTECIPAZIONE? – CGA, 27.4.2017 n. 201, sentenza, pres. Deodato, est. Gaviano – Con nota dell’avv. Ignazio Scuderi

CGA, decisione 27.4.2017 n. 201, pres. Deodato, est. Gaviano

29 Giugno 2017 | By More

LEGITTIMA LA NOTIFICA A MEZZO PEC DALL’ENTRATA IN VIGORE DEL PAT – TAR Lazio, sez. I Ter, sentenza n. 2891 del 27.2.2017 pres. Panzironi, est. Petrucciani

Tar Lazio, Roma, Sez I Ter, sentenza n. 2891 del 27.2.2017

Giustizia amministrativa – Notificazioni e comunicazioni – Ammissibilità della notifica a mezzo PEC dall’avvio del PAT

Nel processo amministrativo telematico è ammessa la notifica del ricorso giurisdizionale a mezzo posta elettronica certificata (PEC), anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28.5.2015, n. 2682; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 6.2.2015, n. 923). La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. non può, infatti, considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la legge n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della legge 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata” (T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 5863/2015).

TAR LAZIO, III, 2891/2017

1 Aprile 2017 | By More

PROCESSO AMMINISTRATIVO – MOTIVI AGGIUNTI –ILLEGITTIMITÀ DERIVATA – NECESSITÀ DI REITERARE INTEGRALMENTE I MOTIVI DI DIRITTO DEL RICORSO INTRODUTTIVO – Tar Catania , I, sentenza n. 413 del 23.2.2017, pres. Vinciguerra , est. Trebastoni

Tar Catania , Sez. I, sentenza n. 413 del 23.2.2017

Giustizia amministrativa – Motivi aggiunti – Inammissibilità per genericità.

In base al principio di autosufficienza del processo amministrativo, secondo cui l'atto introduttivo, nonché gli eventuali motivi aggiunti, devono contenere l'esposizione dei motivi su cui il gravame si fonda, sono inammissibili i motivi di impugnazione dedotti per relationem, e cioè mediante il semplice richiamo alle censure dedotte in altro e diverso atto del giudizio.

Nota.

Il Tar Catania, nel dichiarare l’inammissibilità della censura di illegittimità derivata, dedotta nei motivi aggiunti con mero rinvio per relationem ai motivi del ricorso principale, richiama una datata sentenza del Tar Sardegna, sez. II, 14.7.2007 n. 1637, che ha dato una interpretazione formalistica e restrittiva del principio secondo il quale il ricorso deve contenere l’esposizione dei motivi su cui il gravame si fonda.

Tuttavia la sentenza richiamata è stata riformata, in parte qua, dal Consiglio di Stato, sez. VI (sentenza n.2482/2011), con la specifica puntualizzazione che tale assunto è incompatibile con i principi fondamentali del processo amministrativo e principalmente con il principio di concentrazione e semplificazione, che ha indotto il legislatore, con l’art. 1 della legge 21.7.2000, n. 205, a consentire l’impugnazione con motivi aggiunti di tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso fra le medesime parti, purchè connessi all’oggetto del giudizio.

Tale principio consente,infatti , che ogni atto autonomamente lesivo venga contestato per i vizi attinenti alla fase cui lo stesso si riferisce,mentre avverso gli atti conseguenti – ove censurabili solo per l’effetto viziante, riconducibile ad illegittimità di atti presupposti – può ben essere prospettato il solo vizio ad essi direttamente riconducibile, ovvero quello di illegittimità derivata, non ponendosi alcun problema circa la piena informazione di tutte le parti in causa sugli esatti termini della controversia, che è ampiamente contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio già notificato alle stesse parti.

Il Tar Reggio Calabria, sotto il vigore del nuovo codice – con sentenza n. 542/2011 – aderendo alla tesi meno formalistica, ha rigettato l’eccezione delle inammissibilità dei motivi aggiunti per violazione del principio di autosufficienza, statuendo che il principio di necessaria sinteticità degli atti di giudizio (atti di provenienza di parte e sentenze) è accolto nel codice del processo amministrativo (art. 3) con un’enfasi ed una valenza che indubbiamente consente la proposizione di motivi aggiunti avverso atti intervenuti tra le parti successivamente al ricorso, mediante esposizione dei motivi di censura “per relationem”.

Deduce all’uopo il Tar Calabria che “Il principio dell’autosufficienza degli atti di ricorso e dei motivi aggiunti, va coordinato, in un contesto di effettività di giudizio e di tutela, con il principio della strumentalità delle forme ex art. 156 c.p.c., accolto nell’art. 44 cit. e che sarebbe comunque applicabile anche al processo amministrativo in quanto principio generale ex art. 39 c.p.a. Tale principio è innegabilmente soddisfatto dalla proposizione di un atto di motivi aggiunti, nel quale l’esposizione delle ragioni di lite è affidata al rinvio recettizio all’atto di ricorso, che è atto ritualmente notificato e dunque nel possesso e nella disponibilità immediata della difesa sia della parte ricorrente che della parte resistente, le quali sono dunque nella piena e concreta consapevolezza delle ragioni dedotte e dunque nella effettiva possibilità di controdedurre e difendersi”.

Sulla stessa linea si pone Tar Bari 10.10.2007, n. 2486, secondo la quale "nessuna norma o principio osta a che il ricorrente in sede di motivi aggiunti, ove intenda unicamente richiamare in via derivata i motivi d'impugnazione articolati nel ricorso principale, lo faccia per relationem, purché – come è ovvio – sia chiara e inequivoca la volontà di riportarsi a tutte integralmente le censure già proposte.

Conforme alla decisione del Tar Catania è Tar Firenze 27.10.2011, n. 1594 che ha dichiarato inammissibile il motivo aggiunto contenente una "censura svolta in via meramente derivata, senza specifica riproposizione  delle censure e delle argomentazioni esposte, in via principale, con il ricorso introduttivo".

Tuttavia la sentenza si richiamava ad una giurisprudenza antecedente alla l. 205/2000 (Cons. St., V, 15.1.1976, n. 41) che ha profondamente ampliato i limiti dei motivi aggiunti.

In definitiva la sentenza del Tar sembra porsi in contrasto con l’orientamento del giudice di appello, senza aver tenuto conto della diversità di situazioni che ricorre quando l'illegittimità derivata viene dedotta con riferimento al medesimo o ad altro giudizio, soprattutto per le differenti ricadute sull'effettività del contraddittorio. Inoltre la decisione non si è posta il problema di come l'interpretazione prescelta si possa conciliare con il principio di sinteticità degli atti di parte, oggi normativamente disciplinato.

S. Cittadino

TAR CT, I, 413/2017

30 Marzo 2017 | By More

LA SHARI’A E LA PERMEABILITÀ DELL’ORDINAMENTO ITALIANO – Emanato il decreto sui limiti dimensionali degli atti di parte.

Superata la classica e tassativa indicazione della fonti dell’art. 1 delle preleggi, forse a seguito del trasformatore permanete dell’art. 10 Cost., la proliferazione delle fonti del diritto ha consentito l’insediarsi nell’organismo vivente dell’ordinamento italiano di precetti alieni che consentono ai giudici ed alla forza pubblica (sua longa manus) di modellare le libertà dei cittadini.

Da qui la soft law, gli accordi regolatori del processo (fuori dal codice di rito), gli editti delle autorità indipendenti (specie di alcune), etc. che obbediscono al più classico dei princìpi: chi ha il potere detta le regole, più noto al popolo nella vulgata: “chi paga sceglie la musica”.

L’ultima perla (comunque giustificata da una fonte normativa primaria) è il decreto di S. E. Il Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22.12.2016 che, a mo’ di regalo alla classe forense e, per essa, agli amministrati tutti, detta i criteri su come scrivere i ricorsi e le difese.

Manco a dirlo le regole poste sfuggono al novero dei fenomeni naturali bidirezionali in quanto gli avvocati debbono rispettarle ma i giudici no!

Ma cosa c’entra la shari’a.

Semplice! In un periodo in cui la permeabilità degli ordinamenti aumenta e l’Italia e l’Europa (la Sicilia poi!) sono pericolosamente prossimi all’Islam ci vuol poco ad applicare alla fattispecie in trattazione la legge islamica la quale prevede che il furto venga punito con il taglio della mano destra e, in caso di recidività, venga mozzata anche la sinistra.

Furto di cosa? Ma, che diamine! del tempo; del tempo che i magistrati (ovviamente dediti solo alla lettura degli atti processuali e non ad attività di governo e sottogoverno, di giustizia privata, di lucroso insegnamento, etc.) impiegano per comprendere le ragioni di doglianza ed emettano una giusta sentenza prima che il ricorso muoia di morte naturale per perenzione quinquennale com’è successo già a centinaia di migliaia di ricorsi nel passato. La celerità del giudizio serve ad impedire che i ricorsi muoiano prima di essere decisi.

E non pensino gli incorreggibili prolissi avvocati, privati di entrambe le mani per aver commesso furto ai danni dei giudici per ben due volte, di ricorrere ad un sistema di dettatura elettronica (o riconoscimento vocale) o di dilungarsi in interminabili discussioni orali perché, avuto “riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” (art. 12 preleggi), si corre il rischio del taglio della lingua non previsto dalla shari’a – perché impedirebbe di assolvere all’obbligo della preghiera – ma che il laico ordinamento italiano non avrebbe alcuna remora ad applicare.

Buon Natale

Nicola D’Alessandro

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Per leggere il decreto cliccare sul link D. PCS n. 167/2016

24 Dicembre 2016 | By More