Author Archive: Antonino Mirone

rss feed

INTRODUZIONE DEL PRESIDENTE DEL TAR CATANIA DOTT. ANTONIO VINCIGUERRA

Antonio Vinciguerra

Presidente del T.A.R. Sicilia – Sezione di Catania

INTRODUZIONE

 

Nella ricerca di garanzie a tutela della legalità nelle procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti pubblici la vigente normativa lascia ampio spazio alla discrezionalità delle amministrazioni nella valutazione degli indizi utili a determinare le interdittive delle imprese sospette di rapporti con la criminalità e la conseguente gestione commissariale delle stesse.

Se da un lato vengono alla luce le esigenze di legalità e di trasparenza dell’azione dei pubblici poteri, nonché le esigenze della sicurezza, dall’altro sorge la necessità di contemperamento con i valori costituzionali protetti.

Il Consiglio di Stato, nell’ambito della sentenza n. 868 del 29 febbraio scorso, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’interdittiva antimafia.

La pronuncia ha ricordato che costante giurisprudenza, riguardo l’interdittiva antimafia, a rilevato l’ampiezza dei parametri fissati dalla legge, il carattere preventivo della misura e la natura meramente indiziaria dei presupposti di fatto che la legge richiede per la sua adozione.

Il collegio ha quindi ritenuto che per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto  l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto può essere sindacata dal giudice amministrativo solo nei limiti di evidenti vizi di eccesso di potere per manifesta illogicità e erronea e travisata valutazione dei presupposti e che in ogni caso la suddetta discrezionalità per quanto ampia, non possa in ogni caso essere esercitata sulla base del mero sospetto, ma previa individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, che singolarmente o nel loro complesso siano obiettivamente sintomatici e rivelatori del rischio di collegamenti con la criminalità organizzata

Aspetti messi in lucealtresì nella sentenza n. 1102 del 2013 del T.A.R. di Catania.

La pronuncia ha riconosciuto che l’informativa antimafia atipica prevista dall’art. 10 del D.P.R. 252/1998 non richiede la prova certa e sicura dell’avvenuta infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa, bensì, al contrario, la disposizione di legge è strutturata in modo da attribuire rilievo a molteplici indizi che possano far desumere l’esistenza di un rischio di infiltrazione ad opera della criminalità organizzata.

In proposito la sentenza n. 2682 del 2012 del T.A.R. di Napoli ha chiarito, con pronunciamento inequivocabile, che l’ informativa interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Ciò che deve essere provato, infatti, non è l’intervenuta infiltrazione mafiosa, ma solo la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il pericolo di ingerenza. L’insieme degli elementi raccolti, poi, non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri.Tale atipicità degli elementi valutabili è il diretto frutto della ratio dell’istituto, da ravvisarsi nella necessità di anticipare la soglia di difesa sociale con una tutela avanzata nel contrasto alla criminalità organizzata, segnatamente nell’ambito degli appalti pubblici, per la sensibilità della materia in sé e dei valori coinvolti (effettività della tutela della concorrenza nel mercato, genuinità della scelta dell’ente aggiudicatore, tutela della finanza pubblica, ecc.).

Afferma la decisione n. 3104 del 2011 della Terza Sezione del Consiglio di Stato che coerentemente il Prefetto, nel rendere le informazioni antimafia, può basarsi non su specifici elementi, bensì effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro di indizi sufficientemente chiaro, preciso e non arbitrario, nel quale assumono rilievo preponderante fattori che inducano a ritenere che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni.

I pregressi indizi di contiguità con la criminalità organizzata possono essere superati solo se successivi comportamenti (riferibili ad una diuturna trasparente attività imprenditoriale) siano tali da scolorirne la rilevanza. Tuttavia, il mero trascorrere del tempo non può in quanto tale automaticamente fungere da fattore di riabilitazione. Nelle ipotesi in cui gli indizi addottati, sebbene non attuali rationetemporis, ma comunque non eccessivamente lontani, non esprimano una non lieve compromissione rispetto ad ambienti e logiche malavitose, rispetto alle quali, nonostante il trascorrere del tempo, non sia fornita alcuna riprova di una successiva dissociazione, non vi è ragione di ritenere implausibile una valutazione di permanenza di una condizione di contiguità mafiosa (in questo senso è la sentenza n. 1835 del 2010 del TAR di Napoli).

Ampia discrezionalità di valutazione, dunque, a fronte delle garanzie costituzionali a tutela dell’impresa e a salvaguardia dei livelli occupazionali e della produttività. Argomenti che costituiscono il tema dell’odierno dibattito.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – Il Tar si ferma innanzi alle valutazioni del prefetto – Il C.G.A. annulla l’interdittiva per difetto di istruttoria e di motivazione – Ruolo crescente dell’istruttoria del giudice – TAR Palermo 26.3.2014 E C.G.A. 2.10.2015

C.G.A. 2.10.2015 n. 627, sentenza, pres. Lipari, est. Barone (previa istruttoria con ord. C.G.A. 25.02.2015 n. 141, pres. Lipari, est. Barone, annulla Tar Palermo, 26.3.2014, n. 892, sentenza, pres. D’Agostino, est. Cappellano).

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rilevanza dei rapporti parentali – Concorrenza di altre circostanze – Necessità.

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Discrezionalità del prefetto – Controllo giurisdizionale – Impatto del provvedimento su diritti fondamentali  – Necessità di un punto di equilibrio.

1. E’ insufficiente a giustificare l’interdittiva il semplice il rapporto di parentela tra il ricorrente ed altri soggetti ritenuti controindicati, senza che vengano indicate altre circostanze, quali una forma di cointeressenza, di comunanza di interessi, di frequentazione o comunque di contiguità, che, unendosi agli indicati rapporti di parentela, possano in concreto far dubitare di possibili condizionamenti mafiosi.

2. I provvedimenti considerati, che seguono a procedimenti privi delle garanzie del processo penale, limitano libertà altrettanto importanti della libertà personale quali il diritto al lavoro, inteso come libertà di scegliere il lavoro cui dedicarsi e ciò tanto nei confronti di chi ha inteso lavorare con le modalità dell’impresa quanto di chi all’interno dell’impresa svolge il proprio lavoro in forma subordinata. I provvedimenti interdittivi impattano quindi con diritti fondamentali che spettano a tutti, in quanto uomini, senza distinzione alcuna e producono a volte effetti devastanti di gran lunga più gravi delle sentenze penali. Se quindi da un lato va valorizzato il potere di prevenire, o troncare se già in corso, tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore dell’imprenditoria (per arginare la grave piaga della delinquenza organizzata) dall’altro è necessaria la ricerca di un prudente punto di equilibrio per non svuotare di contenuto diritti ritenuti dalla stessa giurisprudenza amministrativa inalienabili, insopprimibili e incomprimibili.

______________

Nota

1. Sulla rilevanza dei rapporti parentali nella valutazione del rischio di condizionamento mafioso il Tar ha condiviso il punto di vista della Prefettura, tra l’altro perché parte ricorrente tenta di revocare in dubbio la natura di affiliato del genitore dell’attuale amministratore unico, sostenendo che non vi sarebbero elementi, per fare dichiarare alla Prefettura che detto soggetto sarebbe da ritenere “affiliato alla locale consorteria mafiosa denominata “Code Piatte”; ma la stretta contiguità al contesto mafioso dei parenti menzionati (zio e padre del predetto) risulta dagli atti processuali prodotti dalla p.a. (v. ordinanza di custodia cautelare n. 3950/2007 relativa all’operazione di polizia denominata “Kaos”).

Il CGA ha invece rilevato che anche con riferimento a tali circostanze l’unico elemento prospettato dall’Amministrazione è il rapporto di parentela tra il ricorrente ed altri soggetti ritenuti controindicati, senza che vengano indicate altre circostanze, quali una forma di cointeressenza, di comunanza di interessi, di frequentazione o comunque di contiguità, che, unendosi agli indicati rapporti di parentela, possano in concreto far dubitare di possibili condizionamenti mafiosi.

Del resto – prosegue il C.G.A. – un filone giurisprudenziale oggi prevalente, dal quale il Consiglio non ha ragione di dissentire, proprio con riferimento alla sussistenza di rapporti di parentela, coniugio o affinità con soggetti ritenuti in possibile contiguità con la malavita organizzata, ha ritenuto che la sussistenza di tali rapporti “non è sufficiente da sola a suffragare l’ipotesi della sussistenza di tentativi d’infiltrazione mafiosa, dovendosi quest’ultima basarsi, anche su altri elementi, sia pure indiziari, tali nel loro complesso da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività di impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata…” (Cons. Stato, sez. III, 18.1.2013,n. 280 e già prima sez. III 23.2.2012 n. 1068; 12.11.2011 n. 5995 e 14.9.2011 n.5130).

2. Anche sul controllo delle valutazioni prefettizie le posizioni sono contrapposte.

Il Tar ha ritenuto che le valutazioni del Prefetto sulla rilevanza dei rapporti parentali fossero immuni da vizi, evidenziando che la contestazione del ricorrente, definita “labiale”, non tiene conto del fatto che, alle spalle accertamenti dell’amministrazione, c’è il lavoro di controllo capillare e costante del territorio, e di profonda conoscenza dello stesso, da parte delle Forze dell’Ordine.

Il C.G.A. sul punto ritiene invece che quelle valutazioni non siano indiscutibili. Prima dispone apposita istruttoria e, all’esito, annulla per difetto di istruttoria e di motivazione perché l’ampiezza dei poteri prefettizi di accertamento, che il Collegio ritiene quanto mai opportuna, non equivale ad assoluta libertà di valutare i fatti accertati, il cui apprezzamento deve essere esternato in termini di coerenza, senza salti logici o supposizioni non supportate da precise circostanze. Non bisogna trascurare che i provvedimenti considerati, che seguono a procedimenti privi delle garanzie del processo penale, limitano libertà altrettanto importanti della libertà personale quali il diritto al lavoro, inteso come libertà di scegliere il lavoro cui dedicarsi e ciò tanto nei confronti di chi ha inteso lavorare con le modalità dell’impresa quanto di chi all’interno dell’impresa svolge il proprio lavoro in forma subordinata. I provvedimenti interdittivi impattano quindi con diritti fondamentali che spettano a tutti, in quanto uomini, senza distinzione alcuna e producono a volte effetti devastanti di gran lunga più gravi delle sentenze penali. Se quindi da un lato va valorizzato il potere di prevenire, o troncare se già in corso, tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore dell’imprenditoria (per arginare la grave piaga della delinquenza organizzata) dall’altro è necessaria la ricerca di un prudente punto di equilibrio per non svuotare di contenuto diritti ritenuti dalla stessa giurisprudenza amministrativa inalienabili, insopprimibili e incomprimibili. Applicando al caso all’esame del Collegio i suddetti principi era necessario che l’Amministrazione non supponesse o ipotizzasse il pericolo d’infiltrazione mafiosa oltre i dati accertati, ma procedesse ad oggettivi riscontri dell’asserito pericolo e restasse aderente ai medesimi (v. ancora sez. III, 280/13), mentre ha centrato le sue valutazioni sui rapporti di parentela, mentre l’unico elemento oggettivo utilizzato, la posizione del sig. S.A., è risultato inconsistente.

20-2015.10.02-n.-627-CGA-sent.

20-2015.02.25-n.-141-CGA-ord.-istr.

20-2014.03.26-n.-892-Tar-PA-sent.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – RAPPORTI PARENTALI E RAPPORTI SOCIETARI – Fattispecie (ord. Tar Catania, IV, 26.5.2015, n. 514, confermata da C.G.A. 4.9.2015, n. 547)

Tar Catania, IV, 26.05.2015, n. 514, ord. pres. Pennetti, est. Savasta (confermata da C.G.A. 4.9.2015, n. 547, ord., pres. Lipari, est. Mineo).

Ordine pubblico  e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rapporti parentali – Utilizzo transitorio di manodopera ed mezzo di lavoro – Irrilevanza.

Non sono di per sè indice di pericolo di condizionamento mafioso nè l’utilizzo transitorio di manodopera e di un mezzo di lavoro consentito da un fratello nè la semplice compartecipazione in una società in  presenza di particolari modalità.

________

Nota

Il Tar ha accolto la domanda cautelare:

  • ritenuto che proprio il rapporto di parentela tra i due fratelli (e, quindi, la mancata instaurazione di un rapporto tra “estranei”) può giustificare l’utilizzo transitorio (e per periodi diversi) di manodopera e di un escavatore;
  • ritenuto che la compartecipazione in società terza, con le modalità descritte in ricorso e non smentite dall’Amministrazione, non sembra dirimente per stabilire la sussistenza di un collegamento tra le due ditte;
  • ritenuto, infine, che non può essere condiviso quanto affermato dall’Amministrazione circa la valenza dell’autorizzazione da parte del competente Giudice nei confronti dell’Amministratore giudiziario della Ditta G. S. di avvalersi della Ditta del ricorrente, poiché vero è che tale valutazione presuppone la mancata conoscenza dell’interdittiva antimafia da parte del giudice, ma tale circostanza avrebbe potuto essere significativa ove il provvedimento fosse stato adottato senza la conoscenza della collusione della Ditta G. S. con la mafia, in considerazione, per altro, delle altre ragioni, ad avviso del Collegio, insufficienti, per come sopra chiarito, a determinare il collegamento tra le due ditte.

Il C.G.A. ha confermato la decisione di primo grado ritenuto che allo stato non si manifestano motivi che possono giustificare di discostarsi dall’assetto cautelare deciso in prime cure.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – IL PARENTE DECEDUTO E QUELLO SCAGIONATO – Decisioni contrastanti (senza istruttoria) – C.G.A. 29.5.2013

C.G.A. 29.5.2013 n. 499, sentenza, pres. Virgilio, est. Neri (annulla Tar Palermo del 14 marzo 2012, n. 555, sentenza, pres. D’Agostino, est. Tulumello).

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rilevanza dei rapporti parentali – Parente mafioso deceduto

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Parente scagionato dall’accusa di stampo mafioso

3. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Socio di minoranza con parente condannato per reati comuni.

4. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Denuncia di atti intimidatori – Rilevanza – Necessità di valutazione complessiva.

5. Ordine pubblico e sicurezza pubblica– Informativa antimafia – Rischi di infiltrazione mafiosa – Requisito dell’attualità.

1. Il richiamo contenuto nell’interdittiva ad un parente condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso e deceduto per cause naturali nel 2005, non valeva a connotare il «modus vivendi» dei soci ma a rendere chiara l’esistenza sullo sfondo di un possibile – non necessariamente per legge certo – contatto tra i soci e l’ambiente criminale.

2. Sotto altro aspetto il legame con «persone successivamente scagionate» – quali il Gamma 1, condannato per alcuni reati, ma inequivocabilmente assolto in un procedimento per mafia e coinvolto in altro procedimento poi archiviato – evidenzia l’esistenza di un concreto pericolo che per il suo tramite si realizzino tentativi di infiltrazione mafiosa.

3. E’ legittima l’interdittiva emanata in considerazione anche della presenza nella società appellata di soci, seppure con partecipazioni di tipo minoritario, legati da vincoli di parentela a persone vicine ad ambienti criminali (lo dimostrano le condanne per ricettazione, nonché per detenzione e porto abusivo di armi irrogate a Gamma 1 oltre che la misura di prevenzione da questi riportata)

4. In relazione alla circostanza relativa alla denuncia sporta per gli atti di intimidazione subiti – che nella tesi della società appellata sarebbero incompatibili con la regola di omertà che contraddistingue l’universo mafioso – va rilevato che a tale elemento non può attribuirsi tout-court carattere prevalente sugli altri elementi emersi perché, come affermato dalla giurisprudenza, la valutazione deve essere globale e non frazionata e perché appartiene alla lata valutazione discrezionale (censurabile solo per manifesta illogicità, irrazionalità o irragionevolezza che, nel caso di specie, non ricorre) dare valore preponderante agli elementi contrari o a favore dell’infiltrazione.

5. Per legge non è necessario che l’infiltrazione mafiosa sia in atto, ma è sufficiente il tentativo, con esposizione al condizionamento delle scelte e degli indirizzi societari (Cons. St., VI, 5 marzo 2012 n. 1240); per l’adozione dell’atto è bastevole la mera possibilità di interferenze della criminalità rivelate da fatti sintomatici o indiziari (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208).

_____

Nota

Le due sentenze nella medesima vicenda processuale pervengono a conclusioni contrapposte l’una negando e l’altra affermando la legittimità dell’interdittiva prefettizia antimafia, in presenza di parente mafioso ma deceduto, di legami con persone successivamente scagionate, di socio con condanne per reati comuni (ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi) e con misura di prevenzione.

C.G.A. n. 499/2013 ha argomentato nel modo seguente (n.b.: il termine “Gamma” sostituisce il cognome dei parenti coinvolti).

1. “Giova al riguardo premettere che il TAR ha così deciso sul punto: «… La materia del contendere concerne la legittimità dell’informativa antimafia con cui la Prefettura di Agrigento ha valutato esistenti pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata nella società ricorrente. Detto giudizio prognostico, come ribadito anche a seguito dell’istruttoria disposta dal collegio, è stato formulato – peraltro in modo generico – unicamente sulla base di legami di natura parentale fra alcune persone operanti nella società, e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. Come già chiarito dalla Sezione in sede di motivazione dell’ordinanza cautelare, “gli elementi valutati in chiave inferenziale attengono in realtà a circostanze non attuali e superate da provvedimenti giudiziari di archiviazione o di proscioglimento”. Non soltanto l’amministrazione ha fondato il proprio giudizio sulla base esclusivamente di legami parentali, in assenza di circostanze che qualificano il rapporto di parentela, quali, soprattutto, l’intensità del vincolo e il contesto in cui si inserisce, e facendo addirittura riferimento ad un modus vivendi che immancabilmente discenderebbe dal vincolo parentale: il che – per un consolidato indirizzo giurisprudenziale – non è sufficiente ad escludere un’impresa dal circuito dell’economia legale in quanto ragionevolmente sospettabile di essere a rischio di infiltrazioni di tipo mafioso (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 268); ma quegli elementi attengono a posizioni di persone successivamente scagionate in sede giudiziaria da ogni accusa, o decedute (il che priva di rilevanza anche il più labile – e non autosufficiente – collegamento logico fra costoro e gli attuali responsabili della società) …»”.

2. Ed invece, “a differenza di quanto sostenuto dal TAR, l’amministrazione ha fatto buon uso delle regole in materia perché i «legami parentali» non sono stati richiamati per descrivere un «modus vivendi» che immancabilmente discenderebbe dal vincolo parentale ma per manifestare l’esistenza di un contatto con ambienti che potrebbero realizzare un tentativo di infiltrazione all’interno della società. In tale prospettiva il riferimento a Gamma 3, condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso e deceduto per cause naturali nel 2005, non valeva a connotare il «modus vivendi» dei soci ma a rendere chiara l’esistenza sullo sfondo di un possibile – non necessariamente per legge certo – contatto tra i soci dell’odierna appellata e l’ambiente criminale. Sotto altro aspetto il legame con «persone successivamente scagionate» – quali il Gamma 1, condannato per alcuni reati, ma inequivocabilmente assolto in un procedimento per mafia e coinvolto in altro procedimento poi archiviato – evidenzia l’esistenza di un concreto pericolo che per il suo tramite si realizzino tentativi di infiltrazione mafiosa. Per legge, come è noto, non è necessario che l’infiltrazione mafiosa sia in atto, ma è sufficiente il tentativo, con esposizione al condizionamento delle scelte e degli indirizzi societari (Cons. St., VI, 5 marzo 2012 n. 1240); per l’adozione dell’atto è bastevole la mera possibilità di interferenze della criminalità rivelate da fatti sintomatici o indiziari (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208)”. “In altri termini”, secondo il CGA, “la presenza nella società appellata di soci, seppure con partecipazioni di tipo minoritario, legati da vincoli di parentela a persone vicine ad ambienti criminali (lo dimostrano le condanne per ricettazione, nonché per detenzione e porto abusivo di armi irrogate a Gamma 1 oltre che la misura di prevenzione da questi riportata) o legati da vincoli di sangue con persone condannate per mafia, seppure ormai decedute (Gamma 3), sono elementi che l’amministrazione ha valutato – con giudizio non irragionevole e non illogico – come sufficienti per ritenere accertato il tentativo di infiltrazione mafiosa che, come detto, è circostanza diversa dalla vera e propria prova dell’infiltrazione mafiosa. Inoltre, come affermato dalla giurisprudenza, appunto, l’informativa antimafia prescinde dall’accertamento della rilevanza penale dei fatti, in quanto non mira all’enucleazione di responsabilità, ma si concretizza come la forma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, inerente alla funzione di polizia e di sicurezza, rispetto alla quale assumono rilievo fatti e vicende solo sintomatici ed indiziari; di conseguenza il provvedimento emesso o da emettere in sede penale e quello amministrativo si collocano su differenti ed autonomi piani nel senso che l’informativa, se emessa ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. c), d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, prescinde completamente da ogni provvedimento penale a carico degli appartenenti all’impresa (sia pure di carattere preventivo o anche assolutorio) e si giustifica considerando il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginario, ma neppure provato, purché sia fondato su elementi presuntivi e indiziari, la cui valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del prefetto, sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità (Cons. St., III, 27 settembre 2012 n. 5117)”.

2. Inoltre, secondo il C.G.A., “l’ulteriore argomentazione relativa ad una partecipazione minoritaria dei Gamma nella compagine societaria non è convincente. Basti al riguardo considerare che il pericolo di infiltrazione mafiosa può, a giudizio del Collegio, evincersi anche da partecipazioni minoritarie di soggetti vicini ad ambienti malavitosi perché ciò appare sufficiente per esporre gli altri soci a pericoli di condizionamenti che non necessariamente passano per il confronto e la “misurazione delle rispettive forze” in seno all’assemblea dei soci. Per tale ragione risulta infondato il punto n. 3 della memoria di costituzione con il quale è stato riproposto il secondo motivo di ricorso di primo grado”. 3. Ed ancora, “in relazione alla circostanza relativa alla denuncia sporta per gli atti di intimidazione subiti – che nella tesi della società appellata sarebbero incompatibili con la regola di omertà che contraddistingue l’universo mafioso – va rilevato che a tale elemento non può attribuirsi tout-court carattere prevalente sugli altri elementi emersi perché, come affermato dalla giurisprudenza, la valutazione deve essere globale e non frazionata e perché appartiene alla lata valutazione discrezionale (censurabile solo per manifesta illogicità, irrazionalità o irragionevolezza che, nel caso di specie, non ricorre) dare valore preponderante agli elementi contrari o a favore dell’infiltrazione. In altri termini gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208)”.

4. Infine, sempre secondo il C.G.A., “sotto il profilo dell’esistenza del requisito dell’attualità, a prescindere dal fatto che tale elemento è valutato con larga ampiezza sia dal legislatore sia dalla giurisprudenza, occorre evitare la sovrapposizione tra le indicazioni temporali riportate nell’informativa (data del decesso di Gamma 3, epoca dei procedimenti penali, eventuale data di condanna per un certo fatto di reato) e la circostanza consistente nel fatto che il pericolo dipende non dal momento in cui tali fatti sono avvenuti ma dalla possibilità che la società, in ragione di una porzione di compagine sociale, sia potenzialmente esposta a rischio di condizionamento mafioso. Tale ultimo argomento è sufficiente per ritenere quindi superate le argomentazioni relative ad una nota positiva dei Carabinieri risalente al 2009 o alle precedenti informative non ostative …”.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – ESISTENZA DI “COINTERESSENZE ECONOMICHE” – Desumibili da intercettazioni telefoniche (ruolo di rilievo dell’istruttoria del giudice) – Tar Catania, IV, 27.11.2015 e C.G.A. 26.2.2016

Tar Catania, sez. IV, 27.11.2015, n. 1079, pres. Pennetti, rel. Savasta (rigetta domanda cautelare)

C.G.A. 15.1.2016, n. 80, ord. istr., pres. Zucchelli, est. Carlo de Mohac (dispone istruttoria)

C.G.A. 26.2.2016, N. 135, ord. pr. Zucchelli, est. Gaviano (annulla Tar Catania 1079/2015).

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rilevanze delle cointeressenze economiche – Indizio rilevato da intercettazioni telefoniche – Sufficienze o meno.

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Vizio di eccesso di potere – Verifica – Potere istruttorio da parte del giudice amministrativo – Richiesta di informazioni al prefetto sulle “risultanze investigative” svolte in momenti diversi.

1. Secondo il Tar il pericolo di condizionamento mafioso di un’impresa da parte di un’altra appartenente ad un parente coinvolto in reati di mafia è desumibile dall’esistenza di “cointeressenze economiche” (nel caso di specie emergenti da intercettazioni telefoniche).

2. Il giudice amministrativo d’appello  ha chiesto al prefetto chiarimenti sulle “risultanze investigative” con riferimento a due momenti diversi e, all’esito, ha accolto la domanda cautelare.

_________

Note

Le soluzioni dei giudici di primo e secondo grado sono contrapposte.

I provvedimenti impugnati sono:

– del provvedimento 28 luglio 2015 n. 42078 con il quale il Prefetto di Catania ha disposto l’interdizione della ricorrente ai sensi dell’art. 84, IV comma e 91 del d.lgs. 06.09.2011 n. 159;

– del provvedimento 21 settembre 2015 n. 50417 con il quale lo stesso Prefetto di Catania ha rigettato l’istanza della ricorrente di rinnovo dell’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizio ed esecutori di opere non soggetti al tentativo di infiltrazione mafiosa ( white list);

Il Tar ha rigettato la domanda cautelare giudicando immune da vizi la valutazione di pericolo di condizionamento mafioso di una grossa impresa da parte di altra appartenente ad un parente coinvolto in reati di mafia, pericolo che il prefetto ha desunto da asserite “cointeressenze economiche” emergenti da intercettazioni telefoniche. Esattamente il Tar ha:

– ritenuto che il provvedimento impugnato appare condivisibile nella parte conclusiva in cui evidenzia che “tenuto conto di quanto precede, diventa verosimile ritenere che nei confronti della ALFA S.r.l., impresa di notevoli dimensioni (un fatturato medio di oltre 25 milioni di Euro negli ultimi tre anni caratterizzati, tra l’altro, dalla forte crisi economica, e 60 dipendenti rilevati nel solo 2015), appartenente alla “famiglia E.”, sussista il pericolo di infiltrazione mafiosa. Ciò appare, peraltro dimostrato dalle evidenti cointeressenze economiche, di cui si è dato conto, intercorrenti tra il citato E.V. ed i cugini titolari della ALFA srl (dalle intercettazioni telefoniche sopra citate il citato E.V. tratta la ALFA s.r.l. come azienda di “famiglia” di cui può disporre liberamente)”;

– ritenuto che la contiguità tra i soci della ricorrente e l’ambiente mafioso catanese, e segnatamente con il predetto E.V., personaggio di spicco di tale contesto, emerge dalle intercettazioni telefoniche rappresentate nel provvedimento impugnato.

 Il C.G.A. invece ha  ordinato un approfondimento istruttorio  ritenendo:

– che sia necessario i fini del decidere chiarire quali siano gli elementi e le situazioni di fatto differenziali tra le risultanze investigative poste a base del provvedimento di iscrizione del 28 marzo 2014 e quelle poste a base dei provvedimenti di reiezione della istanza di rinnovo e della contestuale interdittiva antimafia del settembre 2015;

– che è necessario acquisire dalla Prefettura di Catania una circostanziata relazione su tali elementi differenziali.

Il C.G.A., a seguito dell’istruttoria, in riforma dell’ordinanza del Tar, ha sospeso i provvedimenti impugnati ritenuto che gli elementi forniti dall’Amministrazione in riscontro all’ordinanza interlocutoria si presentano, almeno ad un primo e sommario esame, di dubbia sufficienza ai fini della giustificazione del radicale mutamento di linea fatto segnare dall’azione amministrativa nei riguardi della società appellante ai fini di causa.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – IMPATTO SU DIRITTI FONDAMENTALI – Frequentazioni pregiudizievoli – Rapporti parentali (C.G.A. 26.1.2016 che annulla Tar Palermo 9.7.2013)

C.G.A. 26.1.2016, n. 4, sent., pres. De Lipsis, est. Barone [accoglie l’appello dopo specifica istruttoria (C.G.A. 18.6.2015, n. 449, ord. istr., pres. De Lipsis, est. Barone) ed annulla la sentenza del Tar che aveva rigettato il ricorso (Tar Palermo, I, 9.7.2013, n. 1457, sentenza, pres. D’Agostino, est. Tulumello) per adeguarsi all’orientamento del C.G.A. che aveva negato la sospensione dell’interdittiva (C.G.A. ord. 17/2011, non pubblicata sul Sito) annullando l’ordinanza del Tar che invece l’aveva concessa (Tar Palermo 7.9.2010, n. 763, ord. caut., pres.  Maisano, est. Tulumello)].

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Discrezionalità del prefetto – Controllo giurisdizionale – Impatto del provvedimento su diritti fondamentali  – Necessità di esternazione in maniera chiara e logica degli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa.

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Frequentazione di soggetti non mafiosi ma “vicini” alla criminalità mafiosa – Mera affermazione – Insufficienza.

3. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rapporto parentale – Prestazione lavorativa del genero presso datore di lavoro il cui padre 37 anni prima fu vittima di omicidio di mafia – Irrilevanza.

1.  Gli atti interdittivi impattano negativamente con diritti fondamentali, quale quello al lavoro, che godono di copertura costituzionale. Gli atti interdittivi, anche se si configurano quale tutela avanzata e preventiva nei riguardi della criminalità, hanno bisogno di esternare in maniera chiara e logica quali siano gli elementi relativi a tentativi d’infiltrazione mafiosa, idonei a condizionare le scelte dell’impresa (Cons. Stato, sez. VI, 10.4.2014 n. 1730).

2. Le asserite frequentazioni dell’appellante con soggetti non già mafiosi, ma “vicini” alla criminalità mafiosa, sono indicate negli atti impugnati senza alcuna necessaria ulteriore specificazione, che riguardi l’assiduità della frequentazione stessa e la ricaduta che tali frequentazioni hanno sull’attività d’impresa e in quale modo agevolano eventuali interessi mafiosi.

Non può essere senza rilievo la circostanza che la ditta appellante sia stata scelta dal Consorzio che avendo deciso di osservare un protocollo di legalità, che di certo gli impone di valutare con estrema attenzione le imprese, con le quali stabilisce rapporti di lavoro, non avrebbe mai affidato alla ditta G. incarichi esterni di trasporto, ove questa fosse stata notoriamente contigua ad ambienti criminali.

In mancanza di ulteriori specificazioni, la semplice affermazione della frequentazione con soggetti controindicati, rappresentata come un dato di fatto sostanzialmente assertivo, non può essere ritenuta idonea a supportare l’asserito pericolo di infiltrazioni mafiose, che possano condizionare l’attività d’impresa e volgerla a servizio di interessi criminali. …

L’allegazione della semplice frequentazione, che, peraltro in ambienti ristretti assai spesso risulta inevitabile (Cass. pen., sez. VI, 5.5.2009 n. 24469) non soddisfa l’esigenza di rendere intellegibile il procedimento logico attraverso cui si è giunti alla loro emanazione.

3. Il fatto che il marito della figlia dell’appellante lavora presso il sig. S., la cui rispettabilità sarebbe dequotata per un fatto avvenuto nel 1982 (cioè 37 anni fa) quando il padre morì a seguito di un omicidio di stampo mafioso, ritiene il Collegio che sia del tutto inidonea a sorreggere gli atti impugnati, considerato che non è dato capire in quale modo l’attività d’impresa dell’appellante possa essere condizionata da un fatto avvenuto nel 1982, che non lo riguarda del tutto, ma che riguarda il passato di un soggetto diverso, con il quale non intrattiene nessun rapporto, ma che tuttavia lo “qualificherebbe” negativamente per essere il datore di lavoro del marito della figlia. Del resto la giurisprudenza, alla quale il Collegio sente di dovere aderire, ha già ritenuto che il rapporto di parentela o di affinità, nel caso specifico molto attenuato, non possa valere da solo a sorreggere provvedimenti interdittivi, occorrendo specificare se sussiste un intreccio d’interessi economici e familiari dai quali si possa desumere l’effettivo pericolo d’infiltrazione (CGA, 9.6.2014 n. 313).

Anche a volere considerare, quindi, che l’uccisione del padre abbia segnato negativamente il sig. S., la mancanza di indicazioni in ordine ai passaggi di influenze e condizionamenti fortemente negativi dal sig. S. al sig. G. , per il tramite di altri due soggetti, rende la circostanza addotta dall’amministrazione inadeguata a sorreggere gli atti impugnati.

___________

Nota.

Il Tar Palermo, con l’ordinanza 7.9.2010, n. 763, aveva accolto la domanda cautelare contro l’informativa antimafia “ritenuto che sussiste l’allegato pregiudizio grave ed irreparabile e che, ad un sommario esame, i motivi dedotti nel ricorso appaiono provvisti di sufficiente fumus boni iuris, alla luce delle risultanze dell’istruttoria disposta (sulla base delle quali non è dato inferire un pericolo legittimante l’emanazione del provvedimento gravato), per cui va accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione sopra descritta“.

Il C.G.A., con l’ordinanza 17/2011, non rinvenuta sul Sito, ha accolto l’appello proposto dall’Amministrazione contro l’ordinanza e, per l’effetto, rigettato la domanda cautelare.

Il Tar, con la sentenza 9.7.2013, n. 1457, si è adeguato alle valutazioni del C.G.A. con le argomentazioni seguenti.

«La documentazione acquisita a seguito di ordinanza istruttoria ha consentito di accertare che l’odierno ricorrente ha avuto frequentazioni con soggetti pregiudicati, e che il genero lavora alle dipendenze di S. G. , figlio del defunto S.S., deceduto “a seguito di omicidio di chiaro stampo mafioso”.

«Questa Sezione, con la … ordinanza cautelare n. 763/2010, aveva ritenuto le censure proposte assistite da sufficiente fumus boni iuris, “alla luce delle risultanze dell’istruttoria disposta (sulla base delle quali non è dato inferire un pericolo legittimante l’emanazione del provvedimento gravato)”.

«In sede di appello cautelare, il C.G.A. per la Regione Siciliana, con ordinanza n. 17/2011, ha in contrario ritenuto che “la natura individuale dell’impresa appellata e le risalenti e perduranti frequentazioni del suo titolare con soggetti pregiudicati (anche per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso) giustifichino le valutazioni negative esternate dalla Prefettura di Agrigento nell’atto impugnato in prime cure”.

«Ritiene il Collegio che, a seguito della richiamata valutazione del giudice d’appello, direttamente inerente la qualificazione degli elementi fattuali condizionanti il profilo della legittimità sostanziale dei provvedimenti impugnati, tali statuizioni debbano ritenersi esenti dai vizi prospettati nei motivi di ricorso.

«Il sindacato sulla legittimità – in base ai profili di censura dedotti nel presente giudizio – delle cc.dd. informative antimafia si risolve infatti in una valutazione della logica e ragionevole congruenza degli elementi di fatto rappresentati dall’amministrazione rispetto alla prognosi, formulata dalla stessa amministrazione, relativa al pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata nella specifica attività imprenditoriale considerata.

«L’analitica delibazione, pur se in sede di cognizione sommaria, di tali elementi da parte del giudice di seconda istanza induce questo Collegio a rivedere la difforme valutazione operata in sede cautelare e a respingere, perché infondato, il ricorso introduttivo ed il connesso ricorso per motivi aggiunti.»

Il C.G.A., dopo avere disposto istruttoria con ordinanza del 18.6.2015, n. 449, con la sentenza del 26.1.2016, n. 4, è pervenuto all’annullamento dei provvedimenti impugnati.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – RAPPORTI PARENTALI – Rilevanza delle cointeressenze economiche (Tar Catania, IV, 28.9.2015, confermata da CGA 15/2015)

Tar Catania, IV, 28.9.2015, n. 787, ord., pres. Pennetti, est. Cumin (confermata da C.G.A. 15.1.2016, n. 14, ord., pres. Zucchelli, est. Modica de Mohac).

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica  – Informativa antimafia – Elementi solo indiziari del pericolo di infiltrazione mafiosa – Sufficienza.

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica  – Informativa antimafia – Fatti risalenti nel tempo e condanne oggetto di impugnazione – Idoneità.

3. Ordine pubblico e sicurezza pubblica  – Informativa antimafia – Rapporti parentali – Rilevanza delle cointeressenze economiche.

1. La misura dell’interdittiva antimafia obbedisce a una logica di anticipazione della soglia di difesa sociale e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo, perciò, restare legittimata anche dal solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo (anche se non la certezza) di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale (cfr. Cons. St., sez. III, 28/07/2015 n. 3707).

2. I tentativi d’infiltrazione mafiosa possono essere desunti anche da fatti risalenti nel tempo o sentenze penali ancora oggetto di impugnazione (cfr. Cons. St., sez. III, 24/07/2015 n. 3653).

3. Deve rigettarsi la domanda di sospensione dell’informativa antimafia nel caso in cui gli elementi investigativi rappresentati (in modo congruo e immune da censure di irragionevolezza) nel provvedimento impugnato, e legati alla trama di rapporti parentali e cointeressenze economiche con soggetti e imprese controindicate, evidenziano un complessivo quadro di possibile permeabilità dell’impresa ricorrente a condizionamenti della criminalità organizzata.

________________

Nota.

Il C.G.A ha confermato la decisione del Tar sottolineando che “dal provvedimento emerge non soltanto che persistono frequentazioni con parenti condannati per fatti di mafia, ma che intercorrono interessi economici in comune“.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – RAPPORTI PARENTALI – Rilevanza o meno della semplice convivenza (C.G.A. 26.2.2916 , ord. che riforma Tar Palermo, I, 15.1.2016)

C.G.A. 26.2.2016, n. 169, ord., pres. Zucchelli, est. Mineo (annulla Tar Palermo, sez. I, 15.1.2015, n. 106, ord., pres. Ferlisi, est.Criscenti).

Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rapporti parentali – Rilevanza della convivenza – Risultanze investigative e risultanze anagrafiche.

La convivenza con un genitore con ampi precedenti penali non costituisce elemento di pregiudizio tale da giustificare la ragionevolezza di una interdittiva (in un caso in cui il ricorrente aveva peraltro di recente spostato la sua residenza in altro comune).

_______

Nota.

Il Tar aveva rigettato la domanda cautelare:

  • ritenuto che la valutazione operata dall’amministrazione e posta a base dell’informativa impugnata non appare prima facie affetta dai vizi dedotti, considerato i numerosi, specifici e rilevanti precedenti giurisdizionali nonchè le segnalazioni e denunce, anche relativamente recenti, di -OMISSIS-, padre dell’amministratore, definito, nell’informativa, quale “genitore convivente”;
  • rilevato che lo stesso amministratore della società ricorrente, -OMISSIS- (n. il 28 agosto 1990), nel richiedere l’iscrizione nella c.d. white list, affermava di risiedere a Viareggio, luogo in cui risiede il padre, e poi con dichiarazione sostitutiva del 5 marzo 2015 (all. 24 della produzione dell’Avvocatura dello Stato), trasmessa alla Prefettura con nota dell’11 marzo 2015, dichiarava lo stato di convivenza coi genitori;
  • rilevato che il certificato di residenza, depositato dalla difesa di parte ricorrente in data 12 gennaio 2016, documenta che -OMISSIS- è residente a Catania solo dal 15 dicembre 2015, mentre non vi sono elementi dai quali desumere quanto sostenuto in ricorso, ossia che egli risiedesse autonomamente a Termini Imerese, non essendo stato depositato fra l’altro un certificato storico di residenza.
12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – ATTUALITA’ ED EFFETTIVITA’ DEL PERICOLO – Carenza – Illegittimità (Tar Catania 23.10.2015, confermata da C.G.A.)

Tar Catania, 23.10.2015, n. 936, ord., pres. Pennetti, est. Cumin (confermata da C.G.A. 15.1.2016, n. 88, ord. pres. Zucchelli, est. Barone).

Ordine pubblico – Informativa antimafia – Elementi indiziari del pericolo di infiltrazione mafiosa – Requisito della attualità ed effettività – Mancanza – Illegittimità dell’interdittiva.

Il Tar ha sospeso il decreto n. … del 12-8-2015, con il quale la Prefettura di Catania ha emesso un’informativa interdittiva antimafia a carico della ricorrente, perchè  gli elementi indiziari valorizzati dalla Prefettura nel ritenere sussistente un pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno delle società che mettono capo al sig. C.G. non appaiono, allo stato, sufficienti per configurare “su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi” (Consiglio di Stato, sez. III, sent. 27 febbraio 2015, n. 983).

Il C.G.A. ha confermato la decisione del Tar.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – ISTRUTTORIA – OPPOSIZIONE DA PARTE DELLA P.A. PER RAGIONI DI RISERVATEZZA – Produzione in plico sigillato a mani del presidente – C.G.A. ord. istr. 17.3.2016

C.G.A. 17.3.2016 N. 88, ord. istr., Pres. Zucchelli, est. Mineo (dispone istruttoria in appello contro Tar Catania, IV, 15.1.2016, n. 49, ord. cautelare di rigetto, pres. Pennetti, est. Cumin)

Ordine pubblico – Informativa antimafia – Discrezionalità del prefetto – Controllo giurisdizionale – Poteri istruttori del giudice.

Il Consiglio, ritenuto necessario, ai fini della decisione circa il fondamento del provvedimento interdittivo impugnato in prime cure, acquisire i verbali delle riunioni del G.I.A. e dei Vertici delle Forze di Polizia, allo stato non disponibili per fatto non imputabile alla difesa di parte appellante, dispone l’esibizione della documentazione precisando che le esigenze istruttorie, altrimenti invocate ed opposte all’accesso da parte dall’Amministrazione, possono essere soddisfatte attraverso la trasmissione della richiesta documentazione in plico sigillato in mani del Presidente del Collegio,

____________

Nota.

Il Tar aveva rigettato con puntuale motivazione ma senza disporre istruttoria.

Il C.G.A. con questa ordinanza consolida la prassi secondo la quale, nella materia che ci occupa, a fronte di una contestazione di insussistenza del pericolo di condizionamento mafioso il giudice amministrativo, di norma, dispone istruttoria e, nel caso particolare, si spinge oltre: di fronte alle particolari esigenze rappresentate dall’amministrazione, dispone la consegna dei documenti a mani del presidente del collegio.

12 Maggio 2016 | By More