Category: Sentenze
PAT – NOTIFICA ATTO INTRODUTTIVO – NOTIFICA ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ALL’ INDIRIZZO RICAVATO DA IPA – INAMMISSIBILITÀ ANCORCHÉ L’AMMINISTRAZIONE ABBIA OMESSO DI ATTIVARE UN INDIRIZZO PEC UTILIZZABILE AI FINI DELLA NOTIFICA – TAR Palermo, Sent. 13 luglio 2017 n. 1842 Presidente Cogliani, Relatore Criscenti
APPALTO SERVIZIO GIURIDICO-LEGALE DI UN COMUNE: illegittimo se l’oggetto è indeterminato ed il corrispettivo è esiguo – TAR Palermo, sez. III, Sentenza 23.1.2017, pres. est. Cogliani
TAR Palermo, sez. III, Sentenza 23.1.2017, n. 334, pres. est. Cogliani.
CONTRATTI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – APPALTO SERVIZIO GIURIDICO-LEGALE DI UN COMUNE – PROCEDURA – Violazione legge professionale e regole procedure selettive – Illegittimità.
E’ illegittimo per violazione del decoro professionale e contemporaneamente dei principi di massima partecipazione e leale concorrenza nelle procedure selettive pubbliche l’appalto indetto da un Comune per l’affidamento del servizio giuridico-legale, stante l’indeterminatezza del contenuto delle prestazioni richieste al professionista e l’esiguità del compenso previsto. Da qui l’annullamento di tutti gli atti della procedura e la conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese di lite.
Nota
Il TAR ha accolto il ricorso con il quale l’Ordine degli Avvocati di Palermo ha impugnato gli atti della procedura di affidamento del servizio giuridico-legale indetta dal Comune di Monreale, per la durata di 24 mesi.
Il TAR, dopo una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento (All. B D. Lgs n°163/2006, in quanto procedura antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs n. 50/2016) ha ritenuto che la mancanza di determinazione dell’oggetto dell’incarico, oltre che l’esiguità del compenso previsto, sono elementi idonei non soltanto a ledere l’autonomia ed il decoro della professione forense, ma anche a comprimere la partecipazione alla procedura selettiva, alterandone in radice lo svolgimento in violazione delle regole della concorrenza e di buona amministrazione ex art. 97 Cost. Secondo il Tribunale, il previsto obbligo del professionista di portare a termine, oltre la scadenza del contratto, tutte le cause instaurate “sino all’esecutività della sentenza”, senza previsione di ulteriore compenso, comporta lo svolgimento di un servizio “senza una definizione temporale e sostanzialmente gratuito per un tempo indeterminato”. E ciò incide sulla stessa correttezza dell’attivazione “di una procedura di tipo comparativo, idonea a consentire, a tutti gli aventi diritto, di partecipare, in condizioni di parità ed uguaglianza, alla selezione per la scelta del miglior contraente”.
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ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ – D.l.lgt. 19.8.1917, n. 1399 (T.U. SUL TERREMOTO DI MESSINA DEL 28.12.1908) – Perdurante vigenza – Garanzie partecipative della L. 241/1990 – Applicazione in via integrativa – TAR Catania, II, 3.2.2017, sent., pres. Brugaletta, est. Elefante
TAR CATANIA, Sez. II, 3.2.2017, sent., pres. Brugaletta, est. Elefante
1. Espropriazione per pubblica utilità – D.l.lgt. 19 agosto 1917, n. 1399, recante approvazione del T.U. delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 – Norme speciali per i comparti del piano regolatore di Messina – Mancata abrogazione – Non esclude l’applicazione in via integrativa della L. 241/1990 e delle garanzie partecipative dalla stessa previste
2. Espropriazione per pubblica utilità – D.l.lgt. 19 agosto 1917, n. 1399, recante approvazione del T.U. delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 – Decreto di espropriazione – Mancata comunicazione avvio del procedimento – Illegittimità
3. Procedimento amministrativo – L. 241/1990 – Principio del giusto procedimento – Fondamento e rilevanza costituzionale.
4. Leggi, Decreti e Regolamenti – L. 241/1990 – Posizione di legge rinforzata
1. La circostanza per cui il D.Lgt. n. n.1399/1917 non sia stato espressamente abrogato non esclude che alla legge n. 241/1990 – e quindi ai diritti partecipativi ivi garantiti in primis con la interlocuzione degli interessati – possa e debba comunque riconoscersi una funzione integrativa
2. Avendo la legge n. 241/1990 attuato un processo circolare, assumendo così il ruolo di legge generale “rinforzata” ad efficacia integrativa – condizionata dal criterio della ragionevolezza, nel cui ambito assume certamente importanza il fattore tempo – rispetto agli altri testi normativi “speciali” (quale appunto il D.Lgt. 1399/1917), ne consegue che nel caso in esame andava garantita almeno in fase finale la partecipazione degli ricorrenti interessati. Ciò proprio in ragione del fatto che la partecipazione di questi ultimi avrebbe consentito un maggior approfondimento (rectius, aggiornamento) istruttorio ai fini della determinazione delle indennità espropriative ma soprattutto all’acquisizione di elementi sopravvenuti, e cioè che l’area in questione aveva subito rilevanti trasformazioni urbanistiche, risultando attualmente in gran parte edificata.
3. Pur non essendo espressis verbis sancito in Costituzione, il principio del giusto procedimento, in quanto corollario della democraticità dell’ordinamento statale, ha ormai fondamento e rilevanza costituzionale, e quindi, in ultima analisi, carattere vincolante nei confronti del legislatore anche statale.
4. Tra la Costituzione e la legge del procedimento amministrativo n. 241 del 1990 si è instaurato un indissolubile “processo circolare”, alla cui stregua deve essere valutato l’ordinamento nel suo complesso: la legge 241/1990 ha cioè ormai assunto la posizione di legge sostanzialmente rinforzata.
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REGOLARITA’ FISCALE – Se, al momento della partecipazione ad una gara, pende il termine per l’impugnazione di una cartella esattoriale, non sussiste alcun obbligo dichiarativo del debito tributario – Tar Catania, sez. III, 10.01.2017, sent., pres. Guzzardi, est. Leggio
Tar Catania, sez. III, 10.1.2017, n. 46, sent., pres. Guzzardi, est. Leggio
Contratti della pubblica amministrazione – Appalti – Aggiudicazione provvisoria – Revoca per mancanza di regolarità fiscale – Legittima – Segnalazione all’Autorità di Vigilanza – Illegittimità
Il T.A.R., in un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria -per omessa dichiarazione della sussistenza di una violazione fiscale- con contestuale segnalazione della mendace dichiarazione all’Autorità di vigilanza: – ha accolto il ricorso limitatamente alla parte che dispone la segnalazione ex art. 38, comma 1 ter, del D.lvo n. 163/2006, ritenuto che, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione, la ricorrente non poteva, con la certezza indispensabile al fine di praticare restrizioni all’accesso alla gara e alla concorrenza, intendersi quale soggetto che ha «commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse» (così la lex specialis), in quanto era ancora pendente il termine per la proposizione dinanzi al giudice tributario del ricorso avverso la cartella di pagamento, né era configurabile, ai fini della gara, un onere dichiarativo in tale senso; – ha rigettato, invece, l’impugnativa delle revoca dell’aggiudicazione provvisoria, stante che, se è vero che al momento di presentazione della domanda di partecipazione la posizione della ricorrente non poteva essere ritenuta irregolare, la regolarità contributiva e fiscale, è requisito indispensabile per la partecipazione alla gara e deve essere mantenuta per tutto l’arco di svolgimento della gara stessa, mentre non assume valore sanante l’intervento di un adempimento tardivo da parte dell’impresa,.
NOTA
Nella fattispecie in esame, la ricorrente risultava aver ricevuto la notifica di una cartella esattoriale non pagata. Al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il termine di impugnazione dinanzi alla competente commissione tributaria non era ancora spirato. La ricorrente, poi, aveva deciso di non presentare ricorso, salvo avanzare istanza di rateizzazione nel corso del procedimento di gara, ottenendo l’ammissione al beneficio dopo la disposizione in suo favore dell’aggiudicazione provvisoria poi revocata.
DESTITUZIONE DEL MILITARE – Nel caso di condanna penale accessoria alla perdita del grado l’amministrazione è tenuta a destituire immediatamente il militare – Tar Catania, sez. III, 19.12.2016, sent., pres. est. Guzzardi
Tar Catania, sez. III, 19.12.2016, n. 3304, sent., pres. est. Guzzardi
Pubblico impiego – Militari – Destituzione – Condanna penale – Procedimento disciplinare – Non necessario
Il T.A.R. rigetta un ricorso avente ad oggetto l’annullamento di un decreto con il quale il Ministero intimato ha disposto nei confronti del ricorrente, senza procedimento disciplinare, la perdita del grado per condanna penale (accessoria): – ritenuto che, a fronte di una determinazione giudiziale che recide in modo radicale il rapporto di servizio, non è coerente che all’amministrazione venga dato il potere di adottare una autonoma misura disciplinare che, se non coincidente con la destituzione, sarebbe inutiliter data; – considerato, inoltre, che la Consulta si è già pronunciata sulla legittimità della norma applicata alla fattispecie (l’art. 866 del D.L.gs. n. 66/2010) ritenendola del tutto coerente con l’attuale linea normativa del legislatore, diretta univocamente a consolidare una disciplina particolarmente rigorosa e severa nei confronti degli autori di reati contro la pubblica amministrazione.
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ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI PER IL SERVIZIO DI IGIENE AMBIENTALE – Utilizzo legittimo se con parsimonia – Rito speciale – Tar Catania, sez. III, 22.12.2016, sent., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Tar Catania, sez. III, 22.12.2016, n. 3346, sent., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Enti locali – Sindaco – Atto amministrativo – Ordinanze contingibili ed urgenti – Pericolo igienico-sanitario – Legittimità
Processo amministrativo – Riti speciali – Ordinanza contingibile ed urgente – Applicazione
Il T.A.R. dichiara irricevibile il ricorso principale e rigetta quello per motivi aggiunti proposti per l’annullamento delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti aventi ad oggetto l’affidamento del servizio di igiene ambientale:
- quanto al ricorso principale, perché l’affidamento di un servizio, ancorché disposto con provvedimento extra ordinem del sindaco, rientra nelle previsioni procedurali di cui all’art. 119 c.p.a. e perché le ordinanze impugnate costituiscono atti pluristrutturati (a causa della contestuale previsione dell’affidamento del servizio) e, quindi, risultano soggette al rito abbreviato, da intendersi prevalente rispetto a quello ordinario, ai sensi dell’art. 32 c.p.a.;
- quanto al ricorso per motivi aggiunti, sul presupposto che, venendo in considerazione non solo interessi pubblici ma anche diritti soggettivi fondamentali (quali quello alla salute e all’incolumità personale) minacciati da emergenze sanitarie o di igiene pubblica, pur in assenza di specifici parametri normativi di riferimento, o comunque del formale recepimento in atti normativi di determinate prescrizioni di carattere igienico-sanitario, le ordinanze contingibili appaiano idonee a prevenire situazioni di pericolo alla salute o all’ambiente. Fermo restando che il legittimo utilizzo del potere di ordinanza a salvaguardia della salute pubblica incontra un limite temporale, stimabile nell’arco di qualche mese, o al più un anno; periodo di tempo sufficiente per avviare e concludere (quanto meno) una indagine di mercato o indire una procedura negoziata anche senza pubblicazione di bando, pervenendo così, se necessario, agli ulteriori affidamenti temporanei (nelle more dell’espletamento delle ordinarie procedure di gara), in un quadro di maggior rispetto dei principi di evidenza pubblica e rotazione tra gli operatori economici.
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LA MANCATA PRODUZIONE DELLA DICHIARAZIONE EX ART. 5-SEXIES LEGGE 24 MARZO 2001, N. 89 INSERITO DALLA L. 208/2015 NON COMPORTA IMPROCEDIBILITÀ DEL RICORSO INTROITATO PRIMA DELL’1 GENNAIO 2016, MA CONDITIO JURIS PER IL SUCCESSIVO PAGAMENTO DA PARTE DELLA P.A. –Tar Catania, sez. IV, 28.11.2016, n. 3095, pres. Pennetti, est. Cumin
Legge Pinto – Ottemperanza procedibilità
Sono a tutti ben chiare le finalità che, in questi anni, hanno guidato il Legislatore nelle modifiche apportate alla legge 24 marzo 2001, n. 89, meglio nota come legge Pinto: arginare la mole di condanne che, a centinaia, stavano sommergendo il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, rispettivamente, per l’eccessiva durata delle controversie pendenti dinanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria o al Giudice Amministrativo, così come a decine di migliaia le analoghe richieste alla CEDU avevano ingolfato gli archivi di Bruxelles Le novelle, alcune delle quali già passate sotto la mannaia della Corte Costituzionale che – per buona sorte – ha fatto giustizia di alcune fantasiose disposizioni legislative, si sono spinte anche ad inserire ulteriori periodi di grazia alla P.A. condannata all’esborso di somme a titolo di indennizzo per eccessiva durata dei processi. Nello specifico, l’art. 5-sexies, inserito dalla Legge di stabilità 2016, ha subordinato il pagamento di detto indennizzo alla presentazione di una dichiarazione attestante “la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione”. L’esecuzione di una pronunzia inoppugnabile di un Giudice è stata, quindi, posta sotto la condizione del rispetto di una serie di oneri per il cittadino/creditore, chiamato a dichiarare dati perfettamente recepibili dalla sentenza di condanna e, addirittura, a rinnovare tale dichiarazione “a richiesta della pubblica amministrazione” trascorsi sei mesi dalla sua produzione. In altre parole, la P.A. debitrice (giusta condanna giudiziale) ha il diritto di non soddisfare il credito se non riceve detta dichiarazione; inoltre, ove ritardi ad ottemperare e lasci trascorrere più di sei mesi, ha il diritto di onerare il creditore di doverla nuovamente riprodurre. Ma vi è di più! Prima dello spirare dei sei mesi, il cittadino creditore non può “procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, né proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento”. L’ordinario termine dilatorio di 120 giorni, previsto dall’art. 14, 1° comma, del D.L. n. 669/1996 (convertito dalla Legge 28 febbraio 1997, n. 30 e modificato dall’art. 147 della Legge n. 388/2000), è qui sostituito dal termine di sei mesi, condizionati a loro volta dall’invio della dichiarazione e della documentazione richiesta. Senza voler analizzare il contenuto (e la costituzionalità) di tale previsione legislativa, che ha avuto l’indubbio “merito” di subordinare l’esecuzione di una sentenza alla produzione di una dichiarazione di parte ed al trascorrere di un lasso di tempo, dinanzi al G.A. si è posto il problema dei ricorsi per l’ottemperanza incardinati prima dell’entrata in vigore della Legge di stabilità 2016, rispetto ai quali – al momento del deposito – non era prevista la presentazione della dichiarazione di cui all’attuale articolo 5-sexies. Il TAR Catania è stato, in tal senso, protagonista di una serie di interessanti interpretazioni, e di un altrettanto interessante evoluzione giurisprudenziale. In un primo tempo, infatti, i Giudici del TAR catanese, in caso di mancato assolvimento da parte del ricorrente degli obblighi previsti dall’art. 5 sexies della Legge Pinto, hanno disposto la fissazione una nuova camera di consiglio. Il Collegio, non senza sottolineare che il quibus nasceva proprio dall’assenza di una disciplina transitoria, ha affermato che in ragione di tali modifiche legislative, seppur sopravvenute rispetto al tempo della proposizione del ricorso, la possibilità di procedere allo scrutinio nel merito della domanda risultava condizionata dal compimento dei sopraccitati obblighi. Al ricorrente, perciò, è stato consentito di procedere ad una integrazione della documentazione agli atti. Ed invero, il rinvio della camera di consiglio è stato giustificato al fine di “consentire al ricorrente di assolvere ad un obbligo non ancora previsto al tempo in cui egli aveva esercitato il proprio diritto alla tutela giurisdizionale” (ex multis, sentenza 21 luglio 2016, n. 2191). Più di recente, invece, con la sentenza 28 novembre 2016, n. 3095, il TAR Catania ha, coraggiosamente, superato questa lettura della norma. Definendo un ricorso introitato prima dell’entrata in vigore delle modifiche legislative in parola, il Giudice da un lato si è trovato un ricorrente che non dava prova dell’assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 5 sexies della Legge Pinto; dall’altro ha preso nota della posizione dell’avvocatura erariale che chiedeva – e proprio in virtù di tale mancanza – la dichiarazione di improcedibilità del giudizio. In tale controversia, il Collegio ha statuito come la normativa vigente non precluda la decisione sulla domanda di ottemperanza. Le legge, infatti, non introduce profili di inammissibilità della domanda giudiziaria per carenza dei presupposti – in quanto per questi ultimi si deve fare riferimento al regime vigente al momento della sua proposizione – né una condizione sopravvenuta di improcedibilità. Le disposizioni in questione, tuttavia, comportano l’esigenza che il pagamento intervenga solo a seguito della verifica, da parte dell’amministrazione compulsata o del commissario ad acta, dell’intervenuta esecuzione degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. La pronunzia del TAR Catania può così essere sintetizzata «la domanda di ottemperanza proposta prima dell’entrata in vigore dell’art. 5 sexies della Legge Pinto può essere accolta, ma l’ordine giudiziale susseguente, volto a disporre le misure necessarie ad assicurare l’esecuzione del giudicato, deve essere emesso nel rispetto delle modalità legali attualmente vigenti, ovvero dopo l’assolvimento degli obblighi di comunicazione ora previsti dalla legge». Per l’effetto, la mancata produzione della documentazione chiesta dalla legge non nuoce al riconoscimento del diritto vantato verso l’Amministrazione. Chiunque abbia rispettato gli obblighi previsti in tema di notifica del decreto emesso a seguito del procedimento ex art. 2 della Legge Pinto, nonché le condizioni richieste per adire il Giudice dell’ottemperanza, ha pieno diritto di ottenere la chiesta pronunzia giurisdizionale, tesa a ordinare all’Amministrazione di dare esecuzione al decisum. Il conseguente ordine di pagamento, però, è sottoposto alla conditio juris del previo assolvimento, da parte del ricorrente, degli obblighi di comunicazione posti a suo carico dall’art. 5 sexies, comma primo, della Legge n. 89/2001, obblighi che è tenuto a verificare, in caso di avvenuto suo insediamento, anche il commissario ad acta.
LA MOTIVAZIONE DI UN ATTO DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA NON PUÒ ESSERE APODITTICA- Tar Catania, sez. III, 21.11.2016, n. 3026
Tar Catania, sez. III, 21.11.2016, n. 3026, sent., pres. est. Guzzardi
Atto amministrativo – Autotutela – Motivazione apodittica – Omessa istruttoria – Illegittimità
La motivazione apodittica ed infondata di un provvedimento di secondo grado, contrastante con i dati forniti dalla parte e non suffragata dalle risultanze di una congrua istruttoria antecedente l'adozione del provvedimento di revoca, è illegittima.
Nota.
Il Tar ha accolto il ricorso proposto avverso il provvedimento di revoca di una concessione di passo carrabile, adottato dopo venti mesi dal rilascio dell’atto di primo grado rilevando che la motivazione del provvedimento è infondata, sia nella parte in cui afferma che la ricorrente non ha fornito valido titolo comprovante la natura privata della stradella cui si accede attraverso il passo carrabile, sia nella parte in cui sostiene che la stradella in questione sarebbe sostanzialmente il tratto terminale di un torrente, in quanto non tiene in alcun conto degli argomenti ritraibili dagli atti forniti dalla parte in sede di partecipazione al procedimento di revoca.
Tale motivazione è stata ritenuta apodittica, perché fa discendere l’assenza in capo alla ricorrente di valido titolo alla concessione dalla (asserita) mancata comprova, attraverso la documentazione offerta dalla ricorrente, della titolarità dell’area per l’accesso alla quale era stata nel provvedimento revocato la concessione di passo carrabile senza che l'Amministrazione abbia svolto una adeguata istruttoria.
APPALTI: RITO SUPER SPECIALE IN MATERIA DI CONTRATTI PUBLICI – DEFINIZIONE IMMEDIATA DELLA CONTROVERSIA. PROVA DEI REQUISITI TECNICO PROFESSIONALE DI PARTECIPAZIONE – Tar Catania, sez. III, 24.10.2016, n. 2622, sent., pres. Guzzardi, est. Mulieri
Tar Catania, sez. III, 24.10.2016, n. 2622, sent., pres. Guzzardi, est. Mulieri
Processo amministrativo – Contenzioso appalti -– Rito super speciale ex art. 120, commi 2 bis e 6 bis, c.p.a. – definizione in Camera di Consiglio o con sentenze in forma semplificata.
Contratti pubblici nei settori ordinari – Aggiudicazione – Requisiti di partecipazione e di qualificazione – Requisiti soggettivi di ordine tecnico-professionale – Dimostrazione.
Il rito super speciale di cui all’art. 120, co. 2 bis, c.p.a., per l’impugnativa delle esclusioni e ammissioni alla procedura di affidamento all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, in mancanza di richiesta di fissazione di udienza pubblica, va immediatamente definito nell'udienza cautelare ove ne ricorrano i presupposti ovvero con sentenza in forma semplificata.
In base alle disposizioni del nuovo codice degli appalti la dimostrazione dei requisiti di cui al comma 1, lettere b) e c) dell’art. 83 è fornita, a seconda della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso delle forniture o dei servizi, utilizzando i mezzi di prova di cui all'articolo 86, commi 4 e 5;
Gli operatori economici possono avvalersi di qualsiasi mezzo idoneo documentale per provare che essi disporranno delle risorse necessarie; i medesimi possono essere dimostrate con uno o più mezzi di, prova di cui all'allegato XVII, Parte II, in funzione della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso dei lavori, delle forniture o dei servizi; l’allegato XVII, Parte II prevede tra i mezzi per provare le capacità tecniche degli operatori economici di cui all'art. 83, alla lettera i), una dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e l'equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore o il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto.
NOTA
La ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione con il rito super speciale previsto dall’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., introdotto dall’art. 204 del d.lgs. n. 50/2016, a tenore del quale “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante…”. Non avendo le parti chiesto la fissazione dell’udienza pubblica, all’esito della camera di consiglio all’uopo fissata, il Tar ha deciso con sentenza abbreviata, anche in relazione ai profili dell’aggiudicazione e del risarcimento, ritenendo che, per essi, ricorressero i presupposti per una decisione in forma semplificata ex artt. 60 e 120, comma 6, c.p.a.
Il Tar ha accolto la domanda di annullamento del verbale di gara con il quale è stata disposta l’esclusione della ricorrente dalla procedura e dell’aggiudicazione in favore della controinteressata, dichiara la caducazione del contratto di appalto nelle more stipulato e rigetta la domanda di risarcimento, tenuto conto:
– che in base agli artt. 83, comma 7, 86, punto 5, e Allegato XVII – Parte II del D.lgs. n. 50/2016, la dimostrazione dei requisiti di cui al comma 1, lettere b) e c) dell’art. 83 è fornita, a seconda della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso delle forniture o dei servizi, utilizzando i mezzi di prova di cui all'articolo 86, commi 4 e 5;
– che gli operatori economici possono avvalersi di qualsiasi mezzo idoneo documentale per provare che essi disporranno delle risorse necessarie; – che le capacità tecniche degli operatori economici possono essere dimostrate con uno o più mezzi di, prova di cui all'allegato XVII, Parte II, in funzione della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso dei lavori, delle forniture o dei servizi;
– che l’allegato XVII, Parte II prevede tra i mezzi per provare le capacità tecniche degli operatori economici di cui all'art. 83, alla lettera i), una dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e l'equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore o il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto; – che, pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Stazione appaltante, la dichiarazione resa dalla ricorrente (relativa ai mezzi dei quali disporrà per l’esecuzione del servizio di che trattasi) costituisce un requisito non per l’ammissione bensì per la stipula del contratto, risultando chiaramente prevista dalla legge tra i mezzi di idonea prova delle proprie capacità tecniche.