Category: Area Riservata
PAT – RICORSO – FORMATO ANALOGICO PRIVO DELLA SOTTOSCRIZIONE DIGITALE E DELLA ASSEVERAZIONE DI CONFORMITA’ AL FILE NATIVO DIGITALE – DEPOSITO IN FORMATO ANALOGICO PRIVO DELLA SOTTOSCRIZIONE DIGITALE E DELLA ASSEVERAZIONE – IRREGOLARITA’ SANABILE – OBBLIGO DI REGOLARIZZAZIONE – TERMINE PERENTORIO – INOSSERVANZA DEL TERMINE PERENTORIO – CONSEGUENZE – IRRICEVIBILITA’ DEL RICORSO – Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza 11/09/2017 N. 4286 – Pres. Lipari – Est. Santoleri
1. CdiS III Sent 4286_2017 REGPAT – OMESSO DEPOSITO PROVA DI AVVENUTA NOTIFICA IN MODALITA’ TELEMATICA (TUTTAVIA PRODOTTA IN ANALOGICO) – IRREGOLARITÀ SANABILE – OBBLIGO DI REGOLARIZZAZIONE – TERMINE PERENTORIO – TAR Catanzaro II – Ordinanza 26/09/2017 N. 1479 Pres. Durante – Est. Sidoti
7. TAR Catanzaro, II, Ord. N. 1479_2017 REGPAT – NOTIFICA ATTO INTRODUTTIVO – NOTIFICA ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ALL’ INDIRIZZO RICAVATO DA IPA – INAMMISSIBILITÀ ANCORCHÉ L’AMMINISTRAZIONE ABBIA OMESSO DI ATTIVARE UN INDIRIZZO PEC UTILIZZABILE AI FINI DELLA NOTIFICA – TAR Palermo, Sent. 13 luglio 2017 n. 1842 Presidente Cogliani, Relatore Criscenti
SUL “PERDONO” DEGLI ERRORI VENIALI NEL P.A.T. – A PALAZZO SPADA SI METTE LA PAROLA FINE (O QUASI) – C.d.S., Sez. IV, 4.4.2017 n°825, Pres. Poli, Rel. Castiglia
Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 825 del 4.4.2017 n°825, Pres. Poli, Rel. Castiglia
Giustizia amministrativa –PAT – Atti di parte (in formato cartaceo) privi della sottoscrizione digitale Atti di parte depositati non in modalità telematica –Regolarizzazione previa fissazione di un termine perentorio da parte del Collegio – Necessità.
La omessa sottoscrizione digitale degli atti di parte (al pari dell’omesso deposito con modalità telematica) comporta una mera irregolarità -non sanabile dalla costituzione degli intimati- e la medesima deve essere sanata – ai sensi del comma 2 dell’art. 44 c.p.a.- fissandosi dal Collegio alla parte inadempiente un termine perentorio per la sua regolarizzazione nelle forme di legge.
Nota:
Il Consiglio di Stato, a fronte delle non univoche pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali, tra cui anche la sentenza TAR Catania, sez. III, 13 marzo 2017, n. 499, dopo una ricostruzione normativa in tema di processo amministrativo telematico, in primo luogo affronta la tematica dell’ammissibilità della notifica del ricorso a mezzo PEC, esponendo i diversi orientamenti giurisprudenziali che hanno giustificato la rimessione della questione all’Adunanza Plenaria manifestando condivisione verso quelle posizioni (improntate a minore formalismo) che ammettono il predetto mezzo di notificazione.
In secondo luogo, in ordine alla questione se ritenere inesistente, abnorme o nullo un ricorso non redatto come documento informatico e non sottoscritto con firma digitale, manifesta un atteggiamento “morbido” (diversamente dalla citata decisione Tar Catania n°499/2017), optando per l’irregolarità.
Più specificatamente la IV Sezione, ha ritenuto che, malgrado l’evidente intenzione del Legislatore di sostituire al processo amministrativo cartaceo un processo telematico, non possa reputarsi che un ricorso redatto non come documento informatico con sottoscrizione digitale, ma in forma cartacea, “…diverga in modo così radicale dallo schema legale del processo da dover essere considerato del tutto inesistente, abnorme o nullo…”. Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto funzionale alla “ratio” delle disposizioni in materia di processo telematico la categoria dell’irregolarità, in quanto “…la prescrizione della forma e della sottoscrizione digitale è solo strumentale alla correntezza del PAT e non si pone a garanzia di altri superiori interessi…”. Ciò non di meno, per rispettare le finalità del PAT ed impedirne l’elusione, l’irregolarità del ricorso nei termini anzidetti è stata considerata diversa da quella c.d. “ordinaria” (sanabile attraverso la costituzione dell’intimato), imponendo al Giudice, ai sensi dell’articolo 44 comma 2 del cpa, di assegnare al ricorrente un termine (perentorio) per la regolarizzazione nelle forme di legge.
IL DIRETTIVO 2017-2019
Il 30 marzo si è tenuta l'assemblea dei Soci, a conclusione della quale si è proceduto alle votazioni dei componenti del Consiglio direttivo per il biennio 2017-2019.
Sono risultati eletti
- Alessandro ARCIFA
- Nicolò D’ALESSANDRO
- Giampiero DE LUCA
- Francesco FICHERA
- Felice GIUFFRÈ
- Cristina GULISANO
- Giovanni MANDOLFO
- Edoardo NIGRA
- Francesco STORNELLO
LEGITTIMA LA NOTIFICA A MEZZO PEC DALL’ENTRATA IN VIGORE DEL PAT – TAR Lazio, sez. I Ter, sentenza n. 2891 del 27.2.2017 pres. Panzironi, est. Petrucciani
Tar Lazio, Roma, Sez I Ter, sentenza n. 2891 del 27.2.2017
Giustizia amministrativa – Notificazioni e comunicazioni – Ammissibilità della notifica a mezzo PEC dall’avvio del PAT
Nel processo amministrativo telematico è ammessa la notifica del ricorso giurisdizionale a mezzo posta elettronica certificata (PEC), anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28.5.2015, n. 2682; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 6.2.2015, n. 923). La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. non può, infatti, considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la legge n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della legge 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata” (T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 5863/2015).
PROCESSO AMMINISTRATIVO – MOTIVI AGGIUNTI –ILLEGITTIMITÀ DERIVATA – NECESSITÀ DI REITERARE INTEGRALMENTE I MOTIVI DI DIRITTO DEL RICORSO INTRODUTTIVO – Tar Catania , I, sentenza n. 413 del 23.2.2017, pres. Vinciguerra , est. Trebastoni
Tar Catania , Sez. I, sentenza n. 413 del 23.2.2017
Giustizia amministrativa – Motivi aggiunti – Inammissibilità per genericità.
In base al principio di autosufficienza del processo amministrativo, secondo cui l'atto introduttivo, nonché gli eventuali motivi aggiunti, devono contenere l'esposizione dei motivi su cui il gravame si fonda, sono inammissibili i motivi di impugnazione dedotti per relationem, e cioè mediante il semplice richiamo alle censure dedotte in altro e diverso atto del giudizio.
Nota.
Il Tar Catania, nel dichiarare l’inammissibilità della censura di illegittimità derivata, dedotta nei motivi aggiunti con mero rinvio per relationem ai motivi del ricorso principale, richiama una datata sentenza del Tar Sardegna, sez. II, 14.7.2007 n. 1637, che ha dato una interpretazione formalistica e restrittiva del principio secondo il quale il ricorso deve contenere l’esposizione dei motivi su cui il gravame si fonda.
Tuttavia la sentenza richiamata è stata riformata, in parte qua, dal Consiglio di Stato, sez. VI (sentenza n.2482/2011), con la specifica puntualizzazione che tale assunto è incompatibile con i principi fondamentali del processo amministrativo e principalmente con il principio di concentrazione e semplificazione, che ha indotto il legislatore, con l’art. 1 della legge 21.7.2000, n. 205, a consentire l’impugnazione con motivi aggiunti di tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso fra le medesime parti, purchè connessi all’oggetto del giudizio.
Tale principio consente,infatti , che ogni atto autonomamente lesivo venga contestato per i vizi attinenti alla fase cui lo stesso si riferisce,mentre avverso gli atti conseguenti – ove censurabili solo per l’effetto viziante, riconducibile ad illegittimità di atti presupposti – può ben essere prospettato il solo vizio ad essi direttamente riconducibile, ovvero quello di illegittimità derivata, non ponendosi alcun problema circa la piena informazione di tutte le parti in causa sugli esatti termini della controversia, che è ampiamente contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio già notificato alle stesse parti.
Il Tar Reggio Calabria, sotto il vigore del nuovo codice – con sentenza n. 542/2011 – aderendo alla tesi meno formalistica, ha rigettato l’eccezione delle inammissibilità dei motivi aggiunti per violazione del principio di autosufficienza, statuendo che il principio di necessaria sinteticità degli atti di giudizio (atti di provenienza di parte e sentenze) è accolto nel codice del processo amministrativo (art. 3) con un’enfasi ed una valenza che indubbiamente consente la proposizione di motivi aggiunti avverso atti intervenuti tra le parti successivamente al ricorso, mediante esposizione dei motivi di censura “per relationem”.
Deduce all’uopo il Tar Calabria che “Il principio dell’autosufficienza degli atti di ricorso e dei motivi aggiunti, va coordinato, in un contesto di effettività di giudizio e di tutela, con il principio della strumentalità delle forme ex art. 156 c.p.c., accolto nell’art. 44 cit. e che sarebbe comunque applicabile anche al processo amministrativo in quanto principio generale ex art. 39 c.p.a. Tale principio è innegabilmente soddisfatto dalla proposizione di un atto di motivi aggiunti, nel quale l’esposizione delle ragioni di lite è affidata al rinvio recettizio all’atto di ricorso, che è atto ritualmente notificato e dunque nel possesso e nella disponibilità immediata della difesa sia della parte ricorrente che della parte resistente, le quali sono dunque nella piena e concreta consapevolezza delle ragioni dedotte e dunque nella effettiva possibilità di controdedurre e difendersi”.
Sulla stessa linea si pone Tar Bari 10.10.2007, n. 2486, secondo la quale "nessuna norma o principio osta a che il ricorrente in sede di motivi aggiunti, ove intenda unicamente richiamare in via derivata i motivi d'impugnazione articolati nel ricorso principale, lo faccia per relationem, purché – come è ovvio – sia chiara e inequivoca la volontà di riportarsi a tutte integralmente le censure già proposte.
Conforme alla decisione del Tar Catania è Tar Firenze 27.10.2011, n. 1594 che ha dichiarato inammissibile il motivo aggiunto contenente una "censura svolta in via meramente derivata, senza specifica riproposizione delle censure e delle argomentazioni esposte, in via principale, con il ricorso introduttivo".
Tuttavia la sentenza si richiamava ad una giurisprudenza antecedente alla l. 205/2000 (Cons. St., V, 15.1.1976, n. 41) che ha profondamente ampliato i limiti dei motivi aggiunti.
In definitiva la sentenza del Tar sembra porsi in contrasto con l’orientamento del giudice di appello, senza aver tenuto conto della diversità di situazioni che ricorre quando l'illegittimità derivata viene dedotta con riferimento al medesimo o ad altro giudizio, soprattutto per le differenti ricadute sull'effettività del contraddittorio. Inoltre la decisione non si è posta il problema di come l'interpretazione prescelta si possa conciliare con il principio di sinteticità degli atti di parte, oggi normativamente disciplinato.
S. Cittadino