Category: Area Riservata
PAT – Sulla costituzione in giudizio e sulla attestazione di conformità della procura – Tar Calabria, ord. 26.1.2017
TAR Calabria, ordinanza 26.1.2017 , n. 33 – Pres.Iannini Est.Tallaro
1. – Processo amministrativo – PAT – Costituzione dei resistenti – Copia digitale di atto analogico – Nullità
2. – Processo amministrativo – PAT – Procura alle liti su supporto analogico – Asseverazione ex art. 22 CAD – Necessità
Si segnala una delle primissime pronunzie giurisdizionali sulla validità degli atti di parte depositati nel Processo Amministrativo Telematico.
In particolare il TAR ha ritenuto nulla la costituzione in giudizio in quanto l’atto di costituzione non risultava conforme al modello legale sotto un duplice profilo:
1) sia perchè privo della sottoscrizione digitale, avendo la parte convenuta “depositato copia digitale per immagini di un atto di costituzione cartaceo, in violazione dell’art. 136, comma 2-bis c.p.a. e dell’art. 9, comma 1 d.m. 16 febbraio 2016, n. 40, che prescrivono che gli atti delle parti siano redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale” ritenendo che nel caso di specie “’l’atto di costituzione manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (art. 156, comma II c.p.c.), in quanto … la mancanza della firma digitale apposta sull’atto di costituzione impedisce di verificarne la paternità, e cioè che esso provenga dal difensore che ne appare l’autore (cfr. anche l’art. 44, comma 1 c.p.a. con riferimento al ricorso)”;
2) sia perchè la procura risultava priva della attestazione di conformità ex art.22 CAD, “avendo depositato copia digitale per immagini della procura conferita dal Presidente della Regione, senza attestarne la conformità all’originale ai sensi dell’art. 136, comma 2-ter c.p.a. e dell’art. 8, comma 2 d.m. 16 febbraio 2016, n. 40; … per cui non è possibile, in mancanza della prescritta attestazione, ritenere la conformità all’originale della copia digitale della procura prodotta”.
Nota
L’ordinanza appare improntata ad un rigido formalismo e non tiene conto, ad avviso dello scrivente, di varie disposizioni che regolano il processo telematico.
L’art. 6 comma V delle specifiche Tecniche allegate al DM 40/2016 dispone che la firma digitale Pades del modulo di deposito ” si intende estesa a tutti i documenti in esso contenuti”, per cui anche deve ritenersi estesa anche all’atto di costituzione in giudizio.
Ciò vale anche per la scansione della procura alle liti, priva della sola formula di conformità ex art.22 CAD (richiamata dall’art. 8 comma II DM 40/2016). Il comma II dell’art. 22 CAD riconosce alla scansione di un documento analogico la medesima efficacia probatoria dell’originale qualora la conformità venga attestata con dichiarazione allegata al documento informatico. Può ritenersi che la firma digitale apposta alla fine del modulo contenga una implicita asseverazione di conformità della scansione della procura.
Ma trattandosi di procura alle liti occorre far riferimento all’art.83 c. III ultimo capoverso c.p.c. che dispone: Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica ” per cui può ritenersi sufficente la semplice autentica della procura tramite la firma digitale del modulo deposito.
In ultimo può ritenersi valida la procura firmata digitalmente, ma priva dell’assseverazione, anche in base al principio di conservazione degli atti processuali e dell’art.22 comma III CAD che prevede che le copie digitali di un documento analogico abbiano la stessa validità dell’originale anche in difetto dell’asseverazione, purchè la conformità non venga “espressamente disconosciuta”: disocnoscimento che, ovviamente, può avvenire solo dal soggetto che la ha sottoscritta, ex art. 214 c.p.c.
Si auspica, in ogni caso, una maggiore “tolleranza” da parte dellla Magistratura specialmente nel periodo iniziale.
LA SHARI’A E LA PERMEABILITÀ DELL’ORDINAMENTO ITALIANO – Emanato il decreto sui limiti dimensionali degli atti di parte.
Superata la classica e tassativa indicazione della fonti dell’art. 1 delle preleggi, forse a seguito del trasformatore permanete dell’art. 10 Cost., la proliferazione delle fonti del diritto ha consentito l’insediarsi nell’organismo vivente dell’ordinamento italiano di precetti alieni che consentono ai giudici ed alla forza pubblica (sua longa manus) di modellare le libertà dei cittadini.
Da qui la soft law, gli accordi regolatori del processo (fuori dal codice di rito), gli editti delle autorità indipendenti (specie di alcune), etc. che obbediscono al più classico dei princìpi: chi ha il potere detta le regole, più noto al popolo nella vulgata: “chi paga sceglie la musica”.
L’ultima perla (comunque giustificata da una fonte normativa primaria) è il decreto di S. E. Il Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22.12.2016 che, a mo’ di regalo alla classe forense e, per essa, agli amministrati tutti, detta i criteri su come scrivere i ricorsi e le difese.
Manco a dirlo le regole poste sfuggono al novero dei fenomeni naturali bidirezionali in quanto gli avvocati debbono rispettarle ma i giudici no!
Ma cosa c’entra la shari’a.
Semplice! In un periodo in cui la permeabilità degli ordinamenti aumenta e l’Italia e l’Europa (la Sicilia poi!) sono pericolosamente prossimi all’Islam ci vuol poco ad applicare alla fattispecie in trattazione la legge islamica la quale prevede che il furto venga punito con il taglio della mano destra e, in caso di recidività, venga mozzata anche la sinistra.
Furto di cosa? Ma, che diamine! del tempo; del tempo che i magistrati (ovviamente dediti solo alla lettura degli atti processuali e non ad attività di governo e sottogoverno, di giustizia privata, di lucroso insegnamento, etc.) impiegano per comprendere le ragioni di doglianza ed emettano una giusta sentenza prima che il ricorso muoia di morte naturale per perenzione quinquennale com’è successo già a centinaia di migliaia di ricorsi nel passato. La celerità del giudizio serve ad impedire che i ricorsi muoiano prima di essere decisi.
E non pensino gli incorreggibili prolissi avvocati, privati di entrambe le mani per aver commesso furto ai danni dei giudici per ben due volte, di ricorrere ad un sistema di dettatura elettronica (o riconoscimento vocale) o di dilungarsi in interminabili discussioni orali perché, avuto “riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” (art. 12 preleggi), si corre il rischio del taglio della lingua non previsto dalla shari’a – perché impedirebbe di assolvere all’obbligo della preghiera – ma che il laico ordinamento italiano non avrebbe alcuna remora ad applicare.
Buon Natale
Nicola D’Alessandro
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Per leggere il decreto cliccare sul link D. PCS n. 167/2016
PERSEVERARE È ILLEGITTIMO (OLTRE CHE DIABOLICO) – La possibilità di reiterazioni degli effetti del provvedimento giustifica la concessione di misure cautelari – C.G.A. 16.12.2016, ord. pres. Zucchelli, rel. Gaviano
Giustizia Amministrativa – Legittimazione attiva – Società assoggetta a commissariamento ex 32 D.L. 90 del 2014- Sussistenza
Giustizia Amministrativa – Sospensione dell'atto impugnato e misure cautelari – Periculum in mora – Sussistenza
Sussiste la legittimazione attiva della società assoggettata a commissariamento ex 32 del D.L. 90 del 2014 ogni qual volta l’azione sia proposta a tutela dell’integrità del proprio patrimonio sociale.
Il periculum in mora, idoneo a giustificare la concessione della misura cautelare (ancorchè nelle forme della sollecita trattazione della causa nel merito da parte del competente Giudice di primo grado) è riscontrabile anche dalla possibilità di future reiterazioni degli effetti del provvedimento censurato.
Nota:
Con l’ordinanza riportata il CGA ha sospeso gli effetti dell’ordinanza cautelare emessa dal TAR Catania la quale aveva negato la sospensione:
-della deliberazione di GM n. 103 del 21-6-2016 avente ad oggetto la proroga del contratto per il servizio di igiene urbana e ambientale nel territorio del Comune di Catania;
-della determinazione dirigenziale – direz.. ecol. serv. n° 13/535 del 29-6-2016 e di ogni altro atto connesso.
Il diverso orientamento del Giudice d’appello ha riguardato sia la legittimazione attiva della società commissariata sia la sussistenza del periculum in mora che (in potenziale dissonanza con l’art. 34 del cpa –il quale fa espresso divieto al giudice di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati) ha ritenuto di concedere la misura cautelare in considerazione “dalla possibilità di future reiterazioni degli effetti del provvedimento censurato”
E’ da segnalare che, sul medesimo contenzioso, con ordinanze n. 11 e 12 del 15 gennaio 2016, il CGA aveva accolto la misura cautelare proposta dalla società avverso la sentenze TAR Catania n. 1810/2015 al dichiarato scopo di informare l’azione futura dell’Ammirazione attiva (“disponendo – per gli effetti conformativi e propulsivi che ne conseguono – la sospensione dell’appellata sentenza”).
APPALTI – L’OMESSA SUDDIVISIONE IN LOTTI DEVE ESSERE MOTIVATA ED IN SEDE DI RIEDIZIONE DEL POTERE DEVE TENERSI CONTO DELLE RAGIONI OPPOSTE DALLE PARTI NEL GIUDIZIO – C.G.A. 16.12.2016, ord., pres. Zucchelli, rel. Gaviano
C.G.A. 16.12.2016, n. 750, ord. pres. Zucchelli, rel. Gaviano
Contratti – Procedura di gara – Suddivisione in lotti – Motivazione – Necessità
Giustizia Amministrativa – Obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi al giudicato cautelare – Specificazione della portata dell’effetto conformativo – Possibilità.
L’onere imposto dall’art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, che prescrive di suddividere gli appalti in lotti funzionali alla sola condizione che ciò sia “possibile ed economicamente conveniente” non può essere legittimamente soddisfatto mediante affermazioni apodittiche non potendosi prescindere -in particolare- da una specifica analisi in punto di “convenienza economica”.
In sede cautelare il Giudice amministrativo può indicare la portata degli effetti conformativi del decisum.
Nota:
Il Giudice d’appello, andando in contrario avviso a quanto statuito dal TAR Palermo, ha ritenuto “meritevoli di favorevole scrutinio” le censure della partecipante alla gara “nella parte in cui … contesta(ta) la violazione dell’art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, norma che prescrive di suddividere gli appalti in lotti funzionali alla sola condizione che ciò sia “possibile ed economicamente conveniente”” ed ha “rilevato, infatti, che la motivazione fornita dall’Amministrazione a sostegno della propria difforme scelta, affidata essenzialmente ad affermazioni che si presentano del tutto apodittiche, non sembra idonea a soddisfare il puntuale onere di giustificazione che la norma citata impone, il quale non sembra poter prescindere -in particolare- da una specifica analisi in punto di “convenienza economica”.
E’ peculiare, e merita di essere sottolineato, che il Giudice di primo grado (ord. n. 1170/2016 del 31.10.2016) “quanto al profilo della dedotta omessa motivazione del contestato accorpamento in unico lotto”, pur dichiarando -incidentalmente- che la “motivazione … in effetti non appare chiaramente enunciata negli atti di gara”, ha dato spazio alle “ragioni addotte dalla resistente ASP” in sede di giudizio le quali, sono state stimate “idonee a sintetizzare l’iter logico dalla stessa seguito al fine di garantire al meglio l’interesse dei pazienti e quindi l’efficienza del servizio” ancorché ciò sia avvenuto ex post.
Di converso il Giudice d’appello ha statuito espressamente “che la Stazione appaltante, ove ritenesse di poter reiterare la propria scelta di accorpamento dei lotti, non potrebbe in tale eventualità esimersi dal prendere in considerazione, in sede motivatoria, né la ben scarsa partecipazione registrata dalla propria gara, né le obiezioni tecniche che alla sua scelta sono state opposte con la presente impugnativa” dando così rilievo ad elementi successivi agli atti impugnati ma antecedenti (sebbene extra procedimentali) all’ipotizzato possibile futuro provvedimento chiarendo, in tal modo, la portata degli effetti conformativi da riconnettersi alla decisione cautelare.
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Per leggere i provvedimenti di primo e secondo grado cliccare sui seguenti link:
SPERIMENTAZIONE DEL PAT: il questionario della UNAA
L'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti ha predisposto un questionario per evidenziare tempestivamente le esigenze della categoria.
Ogni socio è inviato a compilarlo ed a restituirlo all'indirizzo internet presidente@cameraamministrativasiciliana.it.
Per aprire il questionario cliccare sul link in calce:
CRITERI E LIMITI DIMENSIONALI DEGLI ATTI DIFENSIVI: andiamo nella direzione corretta?
Cari colleghi,
intervengo brevemente sulle recenti iniziative in ordine all’art. 13 ter del C.P.A. per segnalare un errore di prospettiva nel quale rischiamo di cadere.
Benché sia diffusa la consapevolezza che il Giudice amministrativo percepisca come problema i ricorsi lunghi e complessi il tenore dell’art. 13 ter, primo comma, è meno massimalista del dibattito che lo ha generato e che lo sta seguendo.
La parte della disposizione di massima rilevanza, secondo il mio modesto giudizio, è quella nella quale si afferma che «le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato».
Mi sembra evidente che i “criteri” ed i “limiti dimensionali” siano concetti del tutto distinti e, mentre i secondi si limitano ad esprimere una “quantità” da misurarsi in numero di pagine o di caratteri o altro, i “criteri” attengono ad un aspetto connesso alla logica e rimanda ai buchi del setaccio che consentono ad alcune cose di passare ad altre no.
Mi stupisce, a questo punto, che lo stesso Presidente del Consiglio di Stato, nell'illustrare “alcuni punti sui quali dovrebbe basarsi il futuro provvedimento” afferma che dovrebbe sostituirsi “il criterio dei numeri delle pagine introducendo quello del numero massimo di caratteri utilizzabili”.
Certo, è una soluzione come un’altra ma i “criteri” di redazione degli atti difensivi di cui parla l’art. 13 ter non sono certo i criteri per determinare i limiti dimensionali che attengono –appunto- a limiti quantitativi (ovvero a come calcolarli) ma non centrano nulla con i criteri di redazione del ricorso e degli altri atti difensivi.
Detto ciò è possibile immaginare dei “criteri” di redazione degli atti difensivi a cui, solo dopo, si debbano applicare i limiti dimensionali?
A mio giudizio si.
L’anteposizione della rubrica al motivo di ricorso (praticata pressoché costantemente dagli amministrativisti) è un “criterio” di redazione degli atti difensivi ed è anche utile per gli Avvocati che lo utilizzano e per i Giudici che sono chiamati a decidere. Un’applicazione meramente contabile dei limiti dimensionali potrebbe far sparire questa buona pratica che potrebbe essere ritenuta un inutile orpello il quale sottrae spazio utile all’esplicazione dei motivi.
Siamo veramente certi di voler abbandonare questo metodo di redazione dei ricorsi? Quantomeno, le rubriche dei ricorsi dovrebbero tenersi fuori dal calcolo dai limiti dimensionali.
Nell'esperienza di ogni giurista c’è, poi, la consapevolezza che alcune controversie possono essere decise applicando una singola regola giuridica e magari risolvendo una singola questione di diritto ed altre controversie, più complesse, nelle quali le regole da applicare sono molteplici e le questioni di diritto possono essere ancora di più.
Questa consapevolezza è anche del legislatore il quale all’art. 72 del CPA (significativamente di poco precedente all’art. 73 bis) istituisce una corsia preferenziale per quelle controversie che è possibile decidere risolvendo «una singola questione di diritto».
Mi sembra, a questo punto, che -al fine di non comprimere eccessivamente il diritto di difesa- i limiti dimensionali debbano essere calcolati, non con riferimento all'intero ricorso (ad es. 20 pagine e non più) ma con riferimento alla singola questione di diritto (ad es. da illustrarsi in 2 pagine, 50 righe, 600 parole o 3.500 caratteri, poco importa) e, quindi, al singolo motivo di ricorso.
Infine, proprio perché il codice da rilevanza alla risoluzione della questione di diritto, mi chiedo se non sarebbe utile riproporre, nell'ambito del processo amministrativo, l’onere di fissare il quesito di diritto a cui il Giudice deve dare risposta così come si è praticato per alcuni anni nei giudizi di legittimità avanti la Cassazione.
In definitiva i principi di sinteticità e chiarezza e l’obiettivo di consentire lo spedito svolgimento dei giudizi passano, a mio parere, più da una standardizzazione del modello di ricorso (il che significa individuare criteri uniformi e condivisi) che non dalla mera previsione di limiti dimensionali al ricorso nel suo complesso (neppure imposti esplicitamente per legge e comunque da coniugarsi con i criteri di redazione).
La redazione di un indice dei motivi di ricorso, previsto dalle prime indicazioni del presidente De Lise, sfuggiva all'idea (anzi la contraddiceva) della mera riduzione del numero delle pagine ma era volta a promuovere un modello che facilitasse la lettura dell’atto giudiziario.
Per di più solo dalla standardizzazione del modello di ricorso può derivare una più agevole lettura informatica dei medesimi tale da consentire, ad es., la contestuale fissazione in udienze tematiche dei ricorsi che hanno motivi con uguali rubriche ovvero con rubriche le quali richiamano identiche norme.
Alla base del dovere dell’avvocato di difendere il proprio singolo cliente c’è quello di preservare nell'ordinamento adeguati spazi difensivi; ciò non avviene prevedendo meri limiti dimensionali degli atti difensivi e, magari, una congerie di eccezioni difficilmente valutabili a priori (chi stabilisce la complessità degli atti impugnati? Faremo appelli solo per decidere che gli atti impugnabili erano complessi e, quindi, ha fatto male il Giudice di primo grado a non esaminare i motivi oltre la 20° pagina?).
Francamente preferirei assoggettarmi all'onere di:
redigere la rubrica secondo format prestabiliti;
formulare il quesito di diritto
contenere in 2 pagine ogni singolo motivo di ricorso
piuttosto che avere un limite dimensionale complessivo -anche di 40 pagine (formula esclusa).
Avv. Nicolò D’Alessandro
LIMITI DIMENSIONALI DEGLI SCRITTI DIFENSIVI – Art. 13 ter C.P.A. – Gli Avvocati amministrativisti incontrano il Presidente del Consiglio di Stato
Il 26 novembre scorso si è tenuto un incontro tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentaze degli Avvocati amministrativisti per discutere dell'attuazione della previsione contenuta nell'art. 13 ter del C.P.A, inserito dall'art. 7 bis, comma 1, lettera "b", numero 2, del D.L. 31.8.2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25.10.2016, n. 197.
L'art. 13-ter, sotto la rubrica Criteri per la sinteticita' e la chiarezza degli atti di parte, così recita:
1. Al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticita' e chiarezza di cui all'articolo 3, comma 2, del codice, le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il Consiglio nazionale forense e l'Avvocato generale dello Stato, nonche' le associazioni di categoria degli avvocati amministrativisti.
2. Nella fissazione dei limiti dimensionali del ricorso e degli atti difensivi si tiene conto del valore effettivo della controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti. Dai suddetti limiti sono escluse le intestazioni e le altre indicazioni formali dell'atto.
3. Con il decreto di cui al comma 1 sono stabiliti i casi per i quali, per specifiche ragioni, puo' essere consentito superare i relativi limiti.
4. Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, anche mediante audizione degli organi e delle associazioni di cui al comma 1, effettua un monitoraggio annuale al fine di verificare l'impatto e lo stato di attuazione del decreto di cui al comma 1 e di formulare eventuali proposte di modifica. Il decreto e' soggetto ad aggiornamento con cadenza almeno biennale, con il medesimo procedimento di cui al comma 1.
5. Il giudice e' tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti. L'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non e' motivo di impugnazione..
Pubblichiamo qui di seguito il verbale della riunione.
2016-12-06_5847072acefe3_verbalesinteticit2.docx_signed
SEGRETERIE CHIUSE IL 31 DICEMBRE – Decreto del Segretario generale del 6.12.2016
Riceviamo e pubblichiamo il decreto del Segretario generale del 6.12.2016 che dispone la chiusura delle segreterie il 31.12.2016, in vista dell'entrata in funzione del PAT.
2016-12-06_5847072acebb7_DecretoPresidentiperdeposito31dicembre-definitivodoc_signedPROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE (PSR) – Aiuti Comunitari – Strumento di finanziamento e attuazione del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR) – Ordinanza TAR Catania, IV, 12.5.2016, Pres. G. Pennetti, rel. G. Cumin
TAR Catania, sez. IV, Ordinanza 12.05.2016, n. 361; Pres. G. Pennetti; Rel. G. Cumin 1. Processo amministrativo – Istanza cautelare – Programma Sviluppo Rurale (PSR) – Aiuti Comunitari – Strumento di finanziamento e attuazione del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR).
Il TAR ha rigettato l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento con cui l'Assessorato Regionale dell'Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, ha rigettato il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso il provvedimento di archiviazione della domanda di aiuto – PSR Sicilia 2007/2015 misura 112 pacchetto giovani -, in quanto la documentazione della Camera di Commercio comprovante la data di insediamento dell’azienda del ricorrente non era stata prodotta in giudizio mentre era stata prodotta in allegato al ricorso gerarchico ovvero nella fase di decisione del ricorso amministrativo.
Divieto di detenere armi e munizioni Ordinanza TAR Catania, sez. IV, 12.05.2016; Pres. G. Pennetti; Rel. F. Bruno
TAR Catania, sez. IV, Ordinanza 12.05.2016, n. 357; Pres. G. Pennetti; Rel. F. Bruno 1. Processo amministrativo – Istanza cautelare – Divieto di detenere armi e munizioni
Il TAR ha rigettato l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento con cui la Prefettura di Catania ha disposto, nei confronti del ricorrente, il divieto di detenzione armi e munizioni, in quanto sprovvisto dei necessari requisiti cautelari, dal momento che la valutazione discrezionale operata dalla Prefettura risulta fondata sulla pronuncia di una condanna penale a carico del ricorrente per i reati di ingiuria e, soprattutto, di minaccia. Il TAR ha, altresì, condannato alle spese della fase cautelare.