Category: 2 – ARGOMENTI
REGOLARITA’ FISCALE – Se, al momento della partecipazione ad una gara, pende il termine per l’impugnazione di una cartella esattoriale, non sussiste alcun obbligo dichiarativo del debito tributario – Tar Catania, sez. III, 10.01.2017, sent., pres. Guzzardi, est. Leggio
Tar Catania, sez. III, 10.1.2017, n. 46, sent., pres. Guzzardi, est. Leggio
Contratti della pubblica amministrazione – Appalti – Aggiudicazione provvisoria – Revoca per mancanza di regolarità fiscale – Legittima – Segnalazione all’Autorità di Vigilanza – Illegittimità
Il T.A.R., in un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria -per omessa dichiarazione della sussistenza di una violazione fiscale- con contestuale segnalazione della mendace dichiarazione all’Autorità di vigilanza: – ha accolto il ricorso limitatamente alla parte che dispone la segnalazione ex art. 38, comma 1 ter, del D.lvo n. 163/2006, ritenuto che, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione, la ricorrente non poteva, con la certezza indispensabile al fine di praticare restrizioni all’accesso alla gara e alla concorrenza, intendersi quale soggetto che ha «commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse» (così la lex specialis), in quanto era ancora pendente il termine per la proposizione dinanzi al giudice tributario del ricorso avverso la cartella di pagamento, né era configurabile, ai fini della gara, un onere dichiarativo in tale senso; – ha rigettato, invece, l’impugnativa delle revoca dell’aggiudicazione provvisoria, stante che, se è vero che al momento di presentazione della domanda di partecipazione la posizione della ricorrente non poteva essere ritenuta irregolare, la regolarità contributiva e fiscale, è requisito indispensabile per la partecipazione alla gara e deve essere mantenuta per tutto l’arco di svolgimento della gara stessa, mentre non assume valore sanante l’intervento di un adempimento tardivo da parte dell’impresa,.
NOTA
Nella fattispecie in esame, la ricorrente risultava aver ricevuto la notifica di una cartella esattoriale non pagata. Al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il termine di impugnazione dinanzi alla competente commissione tributaria non era ancora spirato. La ricorrente, poi, aveva deciso di non presentare ricorso, salvo avanzare istanza di rateizzazione nel corso del procedimento di gara, ottenendo l’ammissione al beneficio dopo la disposizione in suo favore dell’aggiudicazione provvisoria poi revocata.
ESAMI AVVOCATO – per il CGA non basta il richiamo ai criteri di giudizio per integrare un’adeguata motivazione delle prove scritte- C.G.A. 16.12.2016, ord. pres. Zucchelli, rel. Barone
C.G.A. 16.12.2016, n. 794, ord. pres. Zucchelli, rel. Barone, riforma Tar Catania, IV, 744/2016
Professioni e mestieri – Avvocati – Esami di Stato – Prova scritta – Giudizio di non idoneità a sostenere le prove orali – Motivazione – Mero richiamo della commissione ai criteri di giudizio – Insufficienza
Il Consiglio di Giustizia ha accolto l’appello cautelare avverso l’ordinanza di rigetto della quarta sezione del Tar Sicilia – Catania ritenendo che il riferimento operato dalla Commissione d’esami ai criteri di giudizio, per la sua genericità, non appare adeguato a fare ritenere superata la censura di assenza di motivazione del provvedimento negativodisponendo la rinnovazione della valutazione di merito. .
Nota
La quarta sezione del Tar Catania, in riferimento alla correzione degli elaborati di esame di abilitazione della professione di avvocato operata dalla Corte di Appello dell’Aquila per i candidati della Corte di Appello di Messina, aveva negato la tutelare cautelare ritenendo sufficiente la motivazione espressa per il tramite del mero rinvio ai criteri di giudizio.
Il Consiglio di Giustizia ha ritenuto l’inidoneità, ai fini della motivazione, del mero richiamo ai criteri di valutazione, accogliendo l’appello cautelare con contestuale ordine di ricorrezione degli elaborati giudicati insufficienti da parte di una nuova commissione, dettando le modalità concrete a garanzia dell’anonimato e dell’imparzialità.
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ISOLE PEDONALI – Non è risarcibile il danno derivante dalla costituzione di un’isola pedonale e dalle sue deroghe – Tar Catania, sez. III, 15.12.2016, ord., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Tar Catania, sez. III, 15.12.2016, n. 975, ord., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Enti locali – Comuni – Atto amministrativo – Disciplina della circolazione – – Esercizio commerciale – Risarcimento danni – Non sussiste
Il T.A.R. rigetta la domanda cautelare contenuta in un ricorso avverso il provvedimento con il quale un Comune, delimitato e interdetto al traffico una porzione di un’area pedonale, ha previsto il transito all’interno della stessa di alcune tipologie veicolari:
- ritenuto che non appare illegittimo un regime di deroghe al regime interdittivo caratteristico di un’isola pedonale in favore di alcune categorie, come residenti, veicoli adibiti a trasporto pubblico o di pubblico interesse, veicoli diretti ad alberghi e simili, etc.(cfr. Cons. Stato, V, n.3942/13);
- considerato, quanto al pregiudizio, che il decremento economico appare riconducibile non al regime delle deroghe (che, almeno in parte, agevolano proprio le attività imprenditoriali in zona: ad esempio, carico/scarico merci; transito di tutti quei mezzi che facilitano l’accesso di potenziali clienti) ma, semmai, alla limitazione in sé all’accesso veicolare, che può indurre la clientela a scegliere per i propri acquisti altre zone, raggiungibili con i propri automezzi.
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DESTITUZIONE DEL MILITARE – Nel caso di condanna penale accessoria alla perdita del grado l’amministrazione è tenuta a destituire immediatamente il militare – Tar Catania, sez. III, 19.12.2016, sent., pres. est. Guzzardi
Tar Catania, sez. III, 19.12.2016, n. 3304, sent., pres. est. Guzzardi
Pubblico impiego – Militari – Destituzione – Condanna penale – Procedimento disciplinare – Non necessario
Il T.A.R. rigetta un ricorso avente ad oggetto l’annullamento di un decreto con il quale il Ministero intimato ha disposto nei confronti del ricorrente, senza procedimento disciplinare, la perdita del grado per condanna penale (accessoria): – ritenuto che, a fronte di una determinazione giudiziale che recide in modo radicale il rapporto di servizio, non è coerente che all’amministrazione venga dato il potere di adottare una autonoma misura disciplinare che, se non coincidente con la destituzione, sarebbe inutiliter data; – considerato, inoltre, che la Consulta si è già pronunciata sulla legittimità della norma applicata alla fattispecie (l’art. 866 del D.L.gs. n. 66/2010) ritenendola del tutto coerente con l’attuale linea normativa del legislatore, diretta univocamente a consolidare una disciplina particolarmente rigorosa e severa nei confronti degli autori di reati contro la pubblica amministrazione.
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ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI PER IL SERVIZIO DI IGIENE AMBIENTALE – Utilizzo legittimo se con parsimonia – Rito speciale – Tar Catania, sez. III, 22.12.2016, sent., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Tar Catania, sez. III, 22.12.2016, n. 3346, sent., pres. Guzzardi, est. Boscarino
Enti locali – Sindaco – Atto amministrativo – Ordinanze contingibili ed urgenti – Pericolo igienico-sanitario – Legittimità
Processo amministrativo – Riti speciali – Ordinanza contingibile ed urgente – Applicazione
Il T.A.R. dichiara irricevibile il ricorso principale e rigetta quello per motivi aggiunti proposti per l’annullamento delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti aventi ad oggetto l’affidamento del servizio di igiene ambientale:
- quanto al ricorso principale, perché l’affidamento di un servizio, ancorché disposto con provvedimento extra ordinem del sindaco, rientra nelle previsioni procedurali di cui all’art. 119 c.p.a. e perché le ordinanze impugnate costituiscono atti pluristrutturati (a causa della contestuale previsione dell’affidamento del servizio) e, quindi, risultano soggette al rito abbreviato, da intendersi prevalente rispetto a quello ordinario, ai sensi dell’art. 32 c.p.a.;
- quanto al ricorso per motivi aggiunti, sul presupposto che, venendo in considerazione non solo interessi pubblici ma anche diritti soggettivi fondamentali (quali quello alla salute e all’incolumità personale) minacciati da emergenze sanitarie o di igiene pubblica, pur in assenza di specifici parametri normativi di riferimento, o comunque del formale recepimento in atti normativi di determinate prescrizioni di carattere igienico-sanitario, le ordinanze contingibili appaiano idonee a prevenire situazioni di pericolo alla salute o all’ambiente. Fermo restando che il legittimo utilizzo del potere di ordinanza a salvaguardia della salute pubblica incontra un limite temporale, stimabile nell’arco di qualche mese, o al più un anno; periodo di tempo sufficiente per avviare e concludere (quanto meno) una indagine di mercato o indire una procedura negoziata anche senza pubblicazione di bando, pervenendo così, se necessario, agli ulteriori affidamenti temporanei (nelle more dell’espletamento delle ordinarie procedure di gara), in un quadro di maggior rispetto dei principi di evidenza pubblica e rotazione tra gli operatori economici.
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PAT – COSTITUZIONE IN GIUDIZIO E COPIE DI CORTESIA – Comunicato del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa del 27 gennaio
Con l’allegato comunicato
– si chiariscono le modalità per la costituzione dell’avvocato in udienza nei giudizi nuovi, che deve essere effettuata seduta stante con supporto informatico alla mano
– si ritorna sulla “copia di cortesia”, della quale si ricorda l’obbligatorietà, precisando che si può provvedere anche con un invio a mezzo posta.
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SALUTE – PREVENZIONE VETERINARIA – ESERCIZIO ABUSIVO DELL’ATTIVITÀ DI SMIELATURA – Ordinanza TAR Catania, sez. IV, Ord. 19.12.2016, Pres. Pennetti, Rel. Bruno
TAR Catania, sez. IV, Ordinanza 19.12.2016, n. 977
Salute – Prevenzione veterinaria – Esercizio abusivo dell’attività di smielatura – Divieto all’esercizio in locali sotterranei
Non sussiste il presupposto del fumus e del periculum in mora idoneo a giustificare la sospensione del provvedimento di diniego di attività di smielatura in locali sotterranei tenuto conto che l’attività esercitata dal ricorrente è da qualificarsi abusiva in quanto non registrata tramite apposita s.c.i.a.
Il TAR ha respinto l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento con cui il Dipartimento di Prevenzione Veterinaria dell’ASP ha vietato al ricorrente l’attività di smielatura nei locali terranei. Il TAR ha ritenuto che il provvedimento impugnato resiste alle censure dedotte in ricorso, tenuto conto del fatto che l’attività svolta dal ricorrente era, ed è tuttora, abusiva, in quanto non registrata tramite apposita S.C.I.A.
Allo stesso modo, l’utilizzo di Tauro Gel sugli animali, a dispetto del nome, non è coincidente, essendo – come riportato nel contenuto proposto – un presidio destinato all’essere umano a scapito della nomenclatura.
LA MANCATA PRODUZIONE DELLA DICHIARAZIONE EX ART. 5-SEXIES LEGGE 24 MARZO 2001, N. 89 INSERITO DALLA L. 208/2015 NON COMPORTA IMPROCEDIBILITÀ DEL RICORSO INTROITATO PRIMA DELL’1 GENNAIO 2016, MA CONDITIO JURIS PER IL SUCCESSIVO PAGAMENTO DA PARTE DELLA P.A. –Tar Catania, sez. IV, 28.11.2016, n. 3095, pres. Pennetti, est. Cumin
Legge Pinto – Ottemperanza procedibilità
Sono a tutti ben chiare le finalità che, in questi anni, hanno guidato il Legislatore nelle modifiche apportate alla legge 24 marzo 2001, n. 89, meglio nota come legge Pinto: arginare la mole di condanne che, a centinaia, stavano sommergendo il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, rispettivamente, per l’eccessiva durata delle controversie pendenti dinanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria o al Giudice Amministrativo, così come a decine di migliaia le analoghe richieste alla CEDU avevano ingolfato gli archivi di Bruxelles Le novelle, alcune delle quali già passate sotto la mannaia della Corte Costituzionale che – per buona sorte – ha fatto giustizia di alcune fantasiose disposizioni legislative, si sono spinte anche ad inserire ulteriori periodi di grazia alla P.A. condannata all’esborso di somme a titolo di indennizzo per eccessiva durata dei processi. Nello specifico, l’art. 5-sexies, inserito dalla Legge di stabilità 2016, ha subordinato il pagamento di detto indennizzo alla presentazione di una dichiarazione attestante “la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione”. L’esecuzione di una pronunzia inoppugnabile di un Giudice è stata, quindi, posta sotto la condizione del rispetto di una serie di oneri per il cittadino/creditore, chiamato a dichiarare dati perfettamente recepibili dalla sentenza di condanna e, addirittura, a rinnovare tale dichiarazione “a richiesta della pubblica amministrazione” trascorsi sei mesi dalla sua produzione. In altre parole, la P.A. debitrice (giusta condanna giudiziale) ha il diritto di non soddisfare il credito se non riceve detta dichiarazione; inoltre, ove ritardi ad ottemperare e lasci trascorrere più di sei mesi, ha il diritto di onerare il creditore di doverla nuovamente riprodurre. Ma vi è di più! Prima dello spirare dei sei mesi, il cittadino creditore non può “procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, né proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento”. L’ordinario termine dilatorio di 120 giorni, previsto dall’art. 14, 1° comma, del D.L. n. 669/1996 (convertito dalla Legge 28 febbraio 1997, n. 30 e modificato dall’art. 147 della Legge n. 388/2000), è qui sostituito dal termine di sei mesi, condizionati a loro volta dall’invio della dichiarazione e della documentazione richiesta. Senza voler analizzare il contenuto (e la costituzionalità) di tale previsione legislativa, che ha avuto l’indubbio “merito” di subordinare l’esecuzione di una sentenza alla produzione di una dichiarazione di parte ed al trascorrere di un lasso di tempo, dinanzi al G.A. si è posto il problema dei ricorsi per l’ottemperanza incardinati prima dell’entrata in vigore della Legge di stabilità 2016, rispetto ai quali – al momento del deposito – non era prevista la presentazione della dichiarazione di cui all’attuale articolo 5-sexies. Il TAR Catania è stato, in tal senso, protagonista di una serie di interessanti interpretazioni, e di un altrettanto interessante evoluzione giurisprudenziale. In un primo tempo, infatti, i Giudici del TAR catanese, in caso di mancato assolvimento da parte del ricorrente degli obblighi previsti dall’art. 5 sexies della Legge Pinto, hanno disposto la fissazione una nuova camera di consiglio. Il Collegio, non senza sottolineare che il quibus nasceva proprio dall’assenza di una disciplina transitoria, ha affermato che in ragione di tali modifiche legislative, seppur sopravvenute rispetto al tempo della proposizione del ricorso, la possibilità di procedere allo scrutinio nel merito della domanda risultava condizionata dal compimento dei sopraccitati obblighi. Al ricorrente, perciò, è stato consentito di procedere ad una integrazione della documentazione agli atti. Ed invero, il rinvio della camera di consiglio è stato giustificato al fine di “consentire al ricorrente di assolvere ad un obbligo non ancora previsto al tempo in cui egli aveva esercitato il proprio diritto alla tutela giurisdizionale” (ex multis, sentenza 21 luglio 2016, n. 2191). Più di recente, invece, con la sentenza 28 novembre 2016, n. 3095, il TAR Catania ha, coraggiosamente, superato questa lettura della norma. Definendo un ricorso introitato prima dell’entrata in vigore delle modifiche legislative in parola, il Giudice da un lato si è trovato un ricorrente che non dava prova dell’assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 5 sexies della Legge Pinto; dall’altro ha preso nota della posizione dell’avvocatura erariale che chiedeva – e proprio in virtù di tale mancanza – la dichiarazione di improcedibilità del giudizio. In tale controversia, il Collegio ha statuito come la normativa vigente non precluda la decisione sulla domanda di ottemperanza. Le legge, infatti, non introduce profili di inammissibilità della domanda giudiziaria per carenza dei presupposti – in quanto per questi ultimi si deve fare riferimento al regime vigente al momento della sua proposizione – né una condizione sopravvenuta di improcedibilità. Le disposizioni in questione, tuttavia, comportano l’esigenza che il pagamento intervenga solo a seguito della verifica, da parte dell’amministrazione compulsata o del commissario ad acta, dell’intervenuta esecuzione degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. La pronunzia del TAR Catania può così essere sintetizzata «la domanda di ottemperanza proposta prima dell’entrata in vigore dell’art. 5 sexies della Legge Pinto può essere accolta, ma l’ordine giudiziale susseguente, volto a disporre le misure necessarie ad assicurare l’esecuzione del giudicato, deve essere emesso nel rispetto delle modalità legali attualmente vigenti, ovvero dopo l’assolvimento degli obblighi di comunicazione ora previsti dalla legge». Per l’effetto, la mancata produzione della documentazione chiesta dalla legge non nuoce al riconoscimento del diritto vantato verso l’Amministrazione. Chiunque abbia rispettato gli obblighi previsti in tema di notifica del decreto emesso a seguito del procedimento ex art. 2 della Legge Pinto, nonché le condizioni richieste per adire il Giudice dell’ottemperanza, ha pieno diritto di ottenere la chiesta pronunzia giurisdizionale, tesa a ordinare all’Amministrazione di dare esecuzione al decisum. Il conseguente ordine di pagamento, però, è sottoposto alla conditio juris del previo assolvimento, da parte del ricorrente, degli obblighi di comunicazione posti a suo carico dall’art. 5 sexies, comma primo, della Legge n. 89/2001, obblighi che è tenuto a verificare, in caso di avvenuto suo insediamento, anche il commissario ad acta.
LA SHARI’A E LA PERMEABILITÀ DELL’ORDINAMENTO ITALIANO – Emanato il decreto sui limiti dimensionali degli atti di parte.
Superata la classica e tassativa indicazione della fonti dell’art. 1 delle preleggi, forse a seguito del trasformatore permanete dell’art. 10 Cost., la proliferazione delle fonti del diritto ha consentito l’insediarsi nell’organismo vivente dell’ordinamento italiano di precetti alieni che consentono ai giudici ed alla forza pubblica (sua longa manus) di modellare le libertà dei cittadini.
Da qui la soft law, gli accordi regolatori del processo (fuori dal codice di rito), gli editti delle autorità indipendenti (specie di alcune), etc. che obbediscono al più classico dei princìpi: chi ha il potere detta le regole, più noto al popolo nella vulgata: “chi paga sceglie la musica”.
L’ultima perla (comunque giustificata da una fonte normativa primaria) è il decreto di S. E. Il Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22.12.2016 che, a mo’ di regalo alla classe forense e, per essa, agli amministrati tutti, detta i criteri su come scrivere i ricorsi e le difese.
Manco a dirlo le regole poste sfuggono al novero dei fenomeni naturali bidirezionali in quanto gli avvocati debbono rispettarle ma i giudici no!
Ma cosa c’entra la shari’a.
Semplice! In un periodo in cui la permeabilità degli ordinamenti aumenta e l’Italia e l’Europa (la Sicilia poi!) sono pericolosamente prossimi all’Islam ci vuol poco ad applicare alla fattispecie in trattazione la legge islamica la quale prevede che il furto venga punito con il taglio della mano destra e, in caso di recidività, venga mozzata anche la sinistra.
Furto di cosa? Ma, che diamine! del tempo; del tempo che i magistrati (ovviamente dediti solo alla lettura degli atti processuali e non ad attività di governo e sottogoverno, di giustizia privata, di lucroso insegnamento, etc.) impiegano per comprendere le ragioni di doglianza ed emettano una giusta sentenza prima che il ricorso muoia di morte naturale per perenzione quinquennale com’è successo già a centinaia di migliaia di ricorsi nel passato. La celerità del giudizio serve ad impedire che i ricorsi muoiano prima di essere decisi.
E non pensino gli incorreggibili prolissi avvocati, privati di entrambe le mani per aver commesso furto ai danni dei giudici per ben due volte, di ricorrere ad un sistema di dettatura elettronica (o riconoscimento vocale) o di dilungarsi in interminabili discussioni orali perché, avuto “riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” (art. 12 preleggi), si corre il rischio del taglio della lingua non previsto dalla shari’a – perché impedirebbe di assolvere all’obbligo della preghiera – ma che il laico ordinamento italiano non avrebbe alcuna remora ad applicare.
Buon Natale
Nicola D’Alessandro
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Per leggere il decreto cliccare sul link D. PCS n. 167/2016
PERSEVERARE È ILLEGITTIMO (OLTRE CHE DIABOLICO) – La possibilità di reiterazioni degli effetti del provvedimento giustifica la concessione di misure cautelari – C.G.A. 16.12.2016, ord. pres. Zucchelli, rel. Gaviano
Giustizia Amministrativa – Legittimazione attiva – Società assoggetta a commissariamento ex 32 D.L. 90 del 2014- Sussistenza
Giustizia Amministrativa – Sospensione dell'atto impugnato e misure cautelari – Periculum in mora – Sussistenza
Sussiste la legittimazione attiva della società assoggettata a commissariamento ex 32 del D.L. 90 del 2014 ogni qual volta l’azione sia proposta a tutela dell’integrità del proprio patrimonio sociale.
Il periculum in mora, idoneo a giustificare la concessione della misura cautelare (ancorchè nelle forme della sollecita trattazione della causa nel merito da parte del competente Giudice di primo grado) è riscontrabile anche dalla possibilità di future reiterazioni degli effetti del provvedimento censurato.
Nota:
Con l’ordinanza riportata il CGA ha sospeso gli effetti dell’ordinanza cautelare emessa dal TAR Catania la quale aveva negato la sospensione:
-della deliberazione di GM n. 103 del 21-6-2016 avente ad oggetto la proroga del contratto per il servizio di igiene urbana e ambientale nel territorio del Comune di Catania;
-della determinazione dirigenziale – direz.. ecol. serv. n° 13/535 del 29-6-2016 e di ogni altro atto connesso.
Il diverso orientamento del Giudice d’appello ha riguardato sia la legittimazione attiva della società commissariata sia la sussistenza del periculum in mora che (in potenziale dissonanza con l’art. 34 del cpa –il quale fa espresso divieto al giudice di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati) ha ritenuto di concedere la misura cautelare in considerazione “dalla possibilità di future reiterazioni degli effetti del provvedimento censurato”
E’ da segnalare che, sul medesimo contenzioso, con ordinanze n. 11 e 12 del 15 gennaio 2016, il CGA aveva accolto la misura cautelare proposta dalla società avverso la sentenze TAR Catania n. 1810/2015 al dichiarato scopo di informare l’azione futura dell’Ammirazione attiva (“disponendo – per gli effetti conformativi e propulsivi che ne conseguono – la sospensione dell’appellata sentenza”).