INFORMATIVA ANTIMAFIA – IL PARENTE DECEDUTO E QUELLO SCAGIONATO – Decisioni contrastanti (senza istruttoria) – C.G.A. 29.5.2013
C.G.A. 29.5.2013 n. 499, sentenza, pres. Virgilio, est. Neri (annulla Tar Palermo del 14 marzo 2012, n. 555, sentenza, pres. D’Agostino, est. Tulumello).
1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rilevanza dei rapporti parentali – Parente mafioso deceduto
2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Parente scagionato dall’accusa di stampo mafioso
3. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Socio di minoranza con parente condannato per reati comuni.
4. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Denuncia di atti intimidatori – Rilevanza – Necessità di valutazione complessiva.
5. Ordine pubblico e sicurezza pubblica– Informativa antimafia – Rischi di infiltrazione mafiosa – Requisito dell’attualità.
1. Il richiamo contenuto nell’interdittiva ad un parente condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso e deceduto per cause naturali nel 2005, non valeva a connotare il «modus vivendi» dei soci ma a rendere chiara l’esistenza sullo sfondo di un possibile – non necessariamente per legge certo – contatto tra i soci e l’ambiente criminale.
2. Sotto altro aspetto il legame con «persone successivamente scagionate» – quali il Gamma 1, condannato per alcuni reati, ma inequivocabilmente assolto in un procedimento per mafia e coinvolto in altro procedimento poi archiviato – evidenzia l’esistenza di un concreto pericolo che per il suo tramite si realizzino tentativi di infiltrazione mafiosa.
3. E’ legittima l’interdittiva emanata in considerazione anche della presenza nella società appellata di soci, seppure con partecipazioni di tipo minoritario, legati da vincoli di parentela a persone vicine ad ambienti criminali (lo dimostrano le condanne per ricettazione, nonché per detenzione e porto abusivo di armi irrogate a Gamma 1 oltre che la misura di prevenzione da questi riportata)
4. In relazione alla circostanza relativa alla denuncia sporta per gli atti di intimidazione subiti – che nella tesi della società appellata sarebbero incompatibili con la regola di omertà che contraddistingue l’universo mafioso – va rilevato che a tale elemento non può attribuirsi tout-court carattere prevalente sugli altri elementi emersi perché, come affermato dalla giurisprudenza, la valutazione deve essere globale e non frazionata e perché appartiene alla lata valutazione discrezionale (censurabile solo per manifesta illogicità, irrazionalità o irragionevolezza che, nel caso di specie, non ricorre) dare valore preponderante agli elementi contrari o a favore dell’infiltrazione.
5. Per legge non è necessario che l’infiltrazione mafiosa sia in atto, ma è sufficiente il tentativo, con esposizione al condizionamento delle scelte e degli indirizzi societari (Cons. St., VI, 5 marzo 2012 n. 1240); per l’adozione dell’atto è bastevole la mera possibilità di interferenze della criminalità rivelate da fatti sintomatici o indiziari (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208).
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Nota
Le due sentenze nella medesima vicenda processuale pervengono a conclusioni contrapposte l’una negando e l’altra affermando la legittimità dell’interdittiva prefettizia antimafia, in presenza di parente mafioso ma deceduto, di legami con persone successivamente scagionate, di socio con condanne per reati comuni (ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi) e con misura di prevenzione.
C.G.A. n. 499/2013 ha argomentato nel modo seguente (n.b.: il termine “Gamma” sostituisce il cognome dei parenti coinvolti).
1. “Giova al riguardo premettere che il TAR ha così deciso sul punto: «… La materia del contendere concerne la legittimità dell’informativa antimafia con cui la Prefettura di Agrigento ha valutato esistenti pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata nella società ricorrente. Detto giudizio prognostico, come ribadito anche a seguito dell’istruttoria disposta dal collegio, è stato formulato – peraltro in modo generico – unicamente sulla base di legami di natura parentale fra alcune persone operanti nella società, e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. Come già chiarito dalla Sezione in sede di motivazione dell’ordinanza cautelare, “gli elementi valutati in chiave inferenziale attengono in realtà a circostanze non attuali e superate da provvedimenti giudiziari di archiviazione o di proscioglimento”. Non soltanto l’amministrazione ha fondato il proprio giudizio sulla base esclusivamente di legami parentali, in assenza di circostanze che qualificano il rapporto di parentela, quali, soprattutto, l’intensità del vincolo e il contesto in cui si inserisce, e facendo addirittura riferimento ad un modus vivendi che immancabilmente discenderebbe dal vincolo parentale: il che – per un consolidato indirizzo giurisprudenziale – non è sufficiente ad escludere un’impresa dal circuito dell’economia legale in quanto ragionevolmente sospettabile di essere a rischio di infiltrazioni di tipo mafioso (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 268); ma quegli elementi attengono a posizioni di persone successivamente scagionate in sede giudiziaria da ogni accusa, o decedute (il che priva di rilevanza anche il più labile – e non autosufficiente – collegamento logico fra costoro e gli attuali responsabili della società) …»”.
2. Ed invece, “a differenza di quanto sostenuto dal TAR, l’amministrazione ha fatto buon uso delle regole in materia perché i «legami parentali» non sono stati richiamati per descrivere un «modus vivendi» che immancabilmente discenderebbe dal vincolo parentale ma per manifestare l’esistenza di un contatto con ambienti che potrebbero realizzare un tentativo di infiltrazione all’interno della società. In tale prospettiva il riferimento a Gamma 3, condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso e deceduto per cause naturali nel 2005, non valeva a connotare il «modus vivendi» dei soci ma a rendere chiara l’esistenza sullo sfondo di un possibile – non necessariamente per legge certo – contatto tra i soci dell’odierna appellata e l’ambiente criminale. Sotto altro aspetto il legame con «persone successivamente scagionate» – quali il Gamma 1, condannato per alcuni reati, ma inequivocabilmente assolto in un procedimento per mafia e coinvolto in altro procedimento poi archiviato – evidenzia l’esistenza di un concreto pericolo che per il suo tramite si realizzino tentativi di infiltrazione mafiosa. Per legge, come è noto, non è necessario che l’infiltrazione mafiosa sia in atto, ma è sufficiente il tentativo, con esposizione al condizionamento delle scelte e degli indirizzi societari (Cons. St., VI, 5 marzo 2012 n. 1240); per l’adozione dell’atto è bastevole la mera possibilità di interferenze della criminalità rivelate da fatti sintomatici o indiziari (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208)”. “In altri termini”, secondo il CGA, “la presenza nella società appellata di soci, seppure con partecipazioni di tipo minoritario, legati da vincoli di parentela a persone vicine ad ambienti criminali (lo dimostrano le condanne per ricettazione, nonché per detenzione e porto abusivo di armi irrogate a Gamma 1 oltre che la misura di prevenzione da questi riportata) o legati da vincoli di sangue con persone condannate per mafia, seppure ormai decedute (Gamma 3), sono elementi che l’amministrazione ha valutato – con giudizio non irragionevole e non illogico – come sufficienti per ritenere accertato il tentativo di infiltrazione mafiosa che, come detto, è circostanza diversa dalla vera e propria prova dell’infiltrazione mafiosa. Inoltre, come affermato dalla giurisprudenza, appunto, l’informativa antimafia prescinde dall’accertamento della rilevanza penale dei fatti, in quanto non mira all’enucleazione di responsabilità, ma si concretizza come la forma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, inerente alla funzione di polizia e di sicurezza, rispetto alla quale assumono rilievo fatti e vicende solo sintomatici ed indiziari; di conseguenza il provvedimento emesso o da emettere in sede penale e quello amministrativo si collocano su differenti ed autonomi piani nel senso che l’informativa, se emessa ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. c), d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, prescinde completamente da ogni provvedimento penale a carico degli appartenenti all’impresa (sia pure di carattere preventivo o anche assolutorio) e si giustifica considerando il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginario, ma neppure provato, purché sia fondato su elementi presuntivi e indiziari, la cui valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del prefetto, sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità (Cons. St., III, 27 settembre 2012 n. 5117)”.
2. Inoltre, secondo il C.G.A., “l’ulteriore argomentazione relativa ad una partecipazione minoritaria dei Gamma nella compagine societaria non è convincente. Basti al riguardo considerare che il pericolo di infiltrazione mafiosa può, a giudizio del Collegio, evincersi anche da partecipazioni minoritarie di soggetti vicini ad ambienti malavitosi perché ciò appare sufficiente per esporre gli altri soci a pericoli di condizionamenti che non necessariamente passano per il confronto e la “misurazione delle rispettive forze” in seno all’assemblea dei soci. Per tale ragione risulta infondato il punto n. 3 della memoria di costituzione con il quale è stato riproposto il secondo motivo di ricorso di primo grado”. 3. Ed ancora, “in relazione alla circostanza relativa alla denuncia sporta per gli atti di intimidazione subiti – che nella tesi della società appellata sarebbero incompatibili con la regola di omertà che contraddistingue l’universo mafioso – va rilevato che a tale elemento non può attribuirsi tout-court carattere prevalente sugli altri elementi emersi perché, come affermato dalla giurisprudenza, la valutazione deve essere globale e non frazionata e perché appartiene alla lata valutazione discrezionale (censurabile solo per manifesta illogicità, irrazionalità o irragionevolezza che, nel caso di specie, non ricorre) dare valore preponderante agli elementi contrari o a favore dell’infiltrazione. In altri termini gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità (Cons. St., III, 23 luglio 2012 n. 4208)”.
4. Infine, sempre secondo il C.G.A., “sotto il profilo dell’esistenza del requisito dell’attualità, a prescindere dal fatto che tale elemento è valutato con larga ampiezza sia dal legislatore sia dalla giurisprudenza, occorre evitare la sovrapposizione tra le indicazioni temporali riportate nell’informativa (data del decesso di Gamma 3, epoca dei procedimenti penali, eventuale data di condanna per un certo fatto di reato) e la circostanza consistente nel fatto che il pericolo dipende non dal momento in cui tali fatti sono avvenuti ma dalla possibilità che la società, in ragione di una porzione di compagine sociale, sia potenzialmente esposta a rischio di condizionamento mafioso. Tale ultimo argomento è sufficiente per ritenere quindi superate le argomentazioni relative ad una nota positiva dei Carabinieri risalente al 2009 o alle precedenti informative non ostative …”.
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