INFORMATIVA ANTIMAFIA – IMPATTO SU DIRITTI FONDAMENTALI – Frequentazioni pregiudizievoli – Rapporti parentali (C.G.A. 26.1.2016 che annulla Tar Palermo 9.7.2013)

12 Maggio 2016 | By More

C.G.A. 26.1.2016, n. 4, sent., pres. De Lipsis, est. Barone [accoglie l’appello dopo specifica istruttoria (C.G.A. 18.6.2015, n. 449, ord. istr., pres. De Lipsis, est. Barone) ed annulla la sentenza del Tar che aveva rigettato il ricorso (Tar Palermo, I, 9.7.2013, n. 1457, sentenza, pres. D’Agostino, est. Tulumello) per adeguarsi all’orientamento del C.G.A. che aveva negato la sospensione dell’interdittiva (C.G.A. ord. 17/2011, non pubblicata sul Sito) annullando l’ordinanza del Tar che invece l’aveva concessa (Tar Palermo 7.9.2010, n. 763, ord. caut., pres.  Maisano, est. Tulumello)].

1. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Discrezionalità del prefetto – Controllo giurisdizionale – Impatto del provvedimento su diritti fondamentali  – Necessità di esternazione in maniera chiara e logica degli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa.

2. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Frequentazione di soggetti non mafiosi ma “vicini” alla criminalità mafiosa – Mera affermazione – Insufficienza.

3. Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Rapporto parentale – Prestazione lavorativa del genero presso datore di lavoro il cui padre 37 anni prima fu vittima di omicidio di mafia – Irrilevanza.

1.  Gli atti interdittivi impattano negativamente con diritti fondamentali, quale quello al lavoro, che godono di copertura costituzionale. Gli atti interdittivi, anche se si configurano quale tutela avanzata e preventiva nei riguardi della criminalità, hanno bisogno di esternare in maniera chiara e logica quali siano gli elementi relativi a tentativi d’infiltrazione mafiosa, idonei a condizionare le scelte dell’impresa (Cons. Stato, sez. VI, 10.4.2014 n. 1730).

2. Le asserite frequentazioni dell’appellante con soggetti non già mafiosi, ma “vicini” alla criminalità mafiosa, sono indicate negli atti impugnati senza alcuna necessaria ulteriore specificazione, che riguardi l’assiduità della frequentazione stessa e la ricaduta che tali frequentazioni hanno sull’attività d’impresa e in quale modo agevolano eventuali interessi mafiosi.

Non può essere senza rilievo la circostanza che la ditta appellante sia stata scelta dal Consorzio che avendo deciso di osservare un protocollo di legalità, che di certo gli impone di valutare con estrema attenzione le imprese, con le quali stabilisce rapporti di lavoro, non avrebbe mai affidato alla ditta G. incarichi esterni di trasporto, ove questa fosse stata notoriamente contigua ad ambienti criminali.

In mancanza di ulteriori specificazioni, la semplice affermazione della frequentazione con soggetti controindicati, rappresentata come un dato di fatto sostanzialmente assertivo, non può essere ritenuta idonea a supportare l’asserito pericolo di infiltrazioni mafiose, che possano condizionare l’attività d’impresa e volgerla a servizio di interessi criminali. …

L’allegazione della semplice frequentazione, che, peraltro in ambienti ristretti assai spesso risulta inevitabile (Cass. pen., sez. VI, 5.5.2009 n. 24469) non soddisfa l’esigenza di rendere intellegibile il procedimento logico attraverso cui si è giunti alla loro emanazione.

3. Il fatto che il marito della figlia dell’appellante lavora presso il sig. S., la cui rispettabilità sarebbe dequotata per un fatto avvenuto nel 1982 (cioè 37 anni fa) quando il padre morì a seguito di un omicidio di stampo mafioso, ritiene il Collegio che sia del tutto inidonea a sorreggere gli atti impugnati, considerato che non è dato capire in quale modo l’attività d’impresa dell’appellante possa essere condizionata da un fatto avvenuto nel 1982, che non lo riguarda del tutto, ma che riguarda il passato di un soggetto diverso, con il quale non intrattiene nessun rapporto, ma che tuttavia lo “qualificherebbe” negativamente per essere il datore di lavoro del marito della figlia. Del resto la giurisprudenza, alla quale il Collegio sente di dovere aderire, ha già ritenuto che il rapporto di parentela o di affinità, nel caso specifico molto attenuato, non possa valere da solo a sorreggere provvedimenti interdittivi, occorrendo specificare se sussiste un intreccio d’interessi economici e familiari dai quali si possa desumere l’effettivo pericolo d’infiltrazione (CGA, 9.6.2014 n. 313).

Anche a volere considerare, quindi, che l’uccisione del padre abbia segnato negativamente il sig. S., la mancanza di indicazioni in ordine ai passaggi di influenze e condizionamenti fortemente negativi dal sig. S. al sig. G. , per il tramite di altri due soggetti, rende la circostanza addotta dall’amministrazione inadeguata a sorreggere gli atti impugnati.

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Nota.

Il Tar Palermo, con l’ordinanza 7.9.2010, n. 763, aveva accolto la domanda cautelare contro l’informativa antimafia “ritenuto che sussiste l’allegato pregiudizio grave ed irreparabile e che, ad un sommario esame, i motivi dedotti nel ricorso appaiono provvisti di sufficiente fumus boni iuris, alla luce delle risultanze dell’istruttoria disposta (sulla base delle quali non è dato inferire un pericolo legittimante l’emanazione del provvedimento gravato), per cui va accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione sopra descritta“.

Il C.G.A., con l’ordinanza 17/2011, non rinvenuta sul Sito, ha accolto l’appello proposto dall’Amministrazione contro l’ordinanza e, per l’effetto, rigettato la domanda cautelare.

Il Tar, con la sentenza 9.7.2013, n. 1457, si è adeguato alle valutazioni del C.G.A. con le argomentazioni seguenti.

«La documentazione acquisita a seguito di ordinanza istruttoria ha consentito di accertare che l’odierno ricorrente ha avuto frequentazioni con soggetti pregiudicati, e che il genero lavora alle dipendenze di S. G. , figlio del defunto S.S., deceduto “a seguito di omicidio di chiaro stampo mafioso”.

«Questa Sezione, con la … ordinanza cautelare n. 763/2010, aveva ritenuto le censure proposte assistite da sufficiente fumus boni iuris, “alla luce delle risultanze dell’istruttoria disposta (sulla base delle quali non è dato inferire un pericolo legittimante l’emanazione del provvedimento gravato)”.

«In sede di appello cautelare, il C.G.A. per la Regione Siciliana, con ordinanza n. 17/2011, ha in contrario ritenuto che “la natura individuale dell’impresa appellata e le risalenti e perduranti frequentazioni del suo titolare con soggetti pregiudicati (anche per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso) giustifichino le valutazioni negative esternate dalla Prefettura di Agrigento nell’atto impugnato in prime cure”.

«Ritiene il Collegio che, a seguito della richiamata valutazione del giudice d’appello, direttamente inerente la qualificazione degli elementi fattuali condizionanti il profilo della legittimità sostanziale dei provvedimenti impugnati, tali statuizioni debbano ritenersi esenti dai vizi prospettati nei motivi di ricorso.

«Il sindacato sulla legittimità – in base ai profili di censura dedotti nel presente giudizio – delle cc.dd. informative antimafia si risolve infatti in una valutazione della logica e ragionevole congruenza degli elementi di fatto rappresentati dall’amministrazione rispetto alla prognosi, formulata dalla stessa amministrazione, relativa al pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata nella specifica attività imprenditoriale considerata.

«L’analitica delibazione, pur se in sede di cognizione sommaria, di tali elementi da parte del giudice di seconda istanza induce questo Collegio a rivedere la difforme valutazione operata in sede cautelare e a respingere, perché infondato, il ricorso introduttivo ed il connesso ricorso per motivi aggiunti.»

Il C.G.A., dopo avere disposto istruttoria con ordinanza del 18.6.2015, n. 449, con la sentenza del 26.1.2016, n. 4, è pervenuto all’annullamento dei provvedimenti impugnati.

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